I piani per la manovra. I giovani dimenticati
Articolo di Chiara Saraceno (Repubblica 16.9.18)
“”Nella spartizione del potere di spesa nella contrattazione sulla legge di stabilità, i protagonisti del "governo del cambiamento" confermano la tradizionale propensione per i trasferimenti monetari rispetto all’investimento in servizi, che pure avrebbe effetti sulla domanda di lavoro e, nel caso dei servizi educativi e di cura, favorirebbe la conciliazione tra partecipazione al lavoro remunerato delle donne con carichi famigliari. Confermano anche il tradizionale sbilanciamento a favore della popolazione anziana. Nell’impossibilità di mantenere la promessa del reddito di cittadinanza, i pentastellati, infatti, puntano sulla pensione di cittadinanza, di fatto un innalzamento delle pensioni minime. Come se l’urgenza di offrire un sostegno reddituale a chi si trova in povertà non riguardasse principalmente adulti non anziani e minori. Poco meno della metà di chi si trova in povertà assoluta è composta da minori e giovani fino ai 34 anni, mentre gli anziani ne costituiscono un ottavo. E a livello famigliare la povertà assoluta è concentrata tra le famiglie con figli, con persona di riferimento giovane o nelle età centrali, molto meno tra quelle con persona di riferimento anziana.
Pubblico o privato? No, comune
Articolo di Guido Viale (manifesto 5.9.18) “Dopo il crollo del Morandi. Invece della diatriba pubblico-privato, la tragedia del ponte Morandi dovrebbe spingere a chiedersi se siano meglio tante nuove Grandi opere inutili e costose, oppure una manutenzione seria delle infrastrutture, degli impianti e dei servizi esistenti”
“”Il crollo del ponte Morandi ha resuscitato l’eterno dibattito se sia meglio il pubblico o il privato. Ma sul punto c’è ormai un ampio materiale probatorio: quasi tutti i settori produttivi e infrastrutturali del paese hanno sperimentato entrambi i regimi. Il confronto è impietoso. Una volta privatizzati e fatti spezzatino, settori come l’elettronica e l’elettromeccanica sono quasi scomparsi dall’Italia.
Altri, ridimensionati come la siderurgia, sono a rischio; per tenere in piedi l’Ilva dopo vent’anni di malgoverno bisogna passare come un rullo compressore su vite e salute di decine di migliaia di persone; l’alimentare pubblico è stato tolto di mezzo. Privatizzare Alitalia è stata una truffa per far rieleggere Berlusconi; con autostrade e Telecom, dopo una girandola di “capitani d’industria” improvvisati, D’Alema aveva fatto di Palazzo Chigi «l’unica banca di affari dove non si parla inglese»; privatizzati, i collegamenti marittimi con le isole ne hanno moltiplicato l’isolamento.
«El Pepe», una vita di militanza continua
Articolo di Silvana Silvestri (manifesto 5.9.18) “Venezia 75. L’ex presidente dell'Uruguay raccontato nel documentario di Emir Kusturica «El Pepe, una vida suprema» (fuori concorso) e nel film di Alvaro Brechner «La noche de 12 años» (Orizzonti)”
“”VENEZIA «Non sapevo nulla dell’Uruguay – dice Kusturica, qualcuno mi ha detto c’è il presidente che sta guidando il trattore. Mi sono detto: devo conoscerlo». La presenza di Pepe Mujica sul Lido è stato uno degli eventi più emozionanti della manifestazione: due sono stati i film in programma accolti dal pubblico con grande commozione, che raccontano il suo presente e il suo tragico passato di detenuto politico e delineano la sua imponente figura di politico coerente nelle parole e nello stile di vita. Emir Kusturica firma il documentario El Pepe, una vida suprema (fuori concorso), dove ha potuto cogliere precisamente il giorno in cui Mujica il 1 marzo del 2015 ha rimesso il mandato di presidente dell’Uruguay che aveva ricoperto dal 2010, dopo aver ridotto la soglia di povertà del paese dal 25% al 9%, una vittoria che si deve anche alle sue iniziative personali, dedicando il 70% del suo stipendio ai poveri.
Due film dedicati all’ex presidente dell’Uruguay
Intervista a P. Mujica di Stefania Ulivi (Corriere 3.9.18) “Pepe Mujica star al Lido: sono qui per Kusturica”
“”Venezia Non se l’aspettava neanche lui di trovarsi a 83 anni al Lido protagonista di due film, uno di finzione, La noche de 12 años, di Álvaro Brechner in Orizzonti e un documentario, El Pepe, una vida suprema, dell’amico Emir Kusturica, fuori concorso. Ma nulla nella vita di José Alberto Mujica Cordano, El Pepe, ha seguito percorsi ordinari. Infanzia povera dopo la morte del padre, il ciclismo, quindi la politica, sulle orme della madre, di origini liguri. Prima con i nazionalisti, poi sempre più a sinistra, fino a diventare uno dei leader del Movimiento de Libéracion Nacional, i Tupamaros. E, dopo il colpo di Stato del 1973, dodici anni di carcere duro, in isolamento. Quindi senatore, nel 1999, e infine presidente del suo Uruguay, dal 2010 al 2015. È arrivato a Venezia dopo un tour per l’Italia — Ravenna, Mantova, Milano — per presentare il suo libro Una pecora nera al potere, ha incontrato quasi tutti, da Grillo a Martina, ognuno ha cercato di affiliarselo anche se ormai con la politica praticata ha chiuso.
Galante Garrone e Calamandrei: il senso della Costituzione
Articolo di Furio Colombo (Fatto 3.9.18) “La storia intellettuale e morale di un uomo d’altri tempi, padre della Carta”
“”L’autore è Alessandro Galante Garrone, un nome che ha fatto da guida e da riferimento a tanti adolescenti torinesi dell’immediato dopoguerra, sul senso e il valore di essere antifacisti. Il libro è dedicato a Calamandrei (Biografia morale e intellettuale di un grande protagonista della nostra storia, Effepi Libri), il personaggio che – dopo avere partecipato alla scrittura della Costituzione – si è impegnato a guidare un’Italia nuova e pulita lungo un percorso nobile di solidarietà fraterna, un Paese senza odio e senza confini, dopo una guerra che ha attraversato le terre desolate della morte a milioni e del deliberato e bene organizzato sterminio di popoli. Né Galante Garrone né Calamandrei si fidavano dello slancio spontaneo verso il bene di coloro che erano sopravvissuti a una guerra di stragi. Galante Garrone ha preso subito la bandiera della democrazia, dimostrando che niente vive senza l’impegno (il dovere) e la partecipazione di ciascuno cittadino. Calamandrei ha spinto sulla scena ancora disadorna dell’Italia povera e incerta di allora, i diritti delle persone, i diritti della Costituzione, i diritti umani, i diritti civili che, in seguito, i partiti, con l’unica clamorosa eccezione di Marco Panella, di Emma Bonino, del Partito Radicale, avrebbero tralasciato come se fossero solo l’ornamento, non la materia prima della democrazia.
Le sfide dell’integrazione
Articolo di Roberto Saviano (Repubblica 26.8.18) “Salviamo il modello Riace il borgo dove l’Italia riparte dall’accoglienza. L’appello di Saviano: tutti nel paese calabrese che ha fatto dei migranti un’occasione di rinascita”
“”Andate a Riace! Quello che sta accadendo lì da anni deve essere misurato con le proprie iridi, sentito con i propri timpani, accolto tra le proprie braccia. Potrei come elemento d’approfondimento dire... ma andate a Riace! Bisogna riempirsi i polmoni di quell’aria. Il modello Riace è una cattedrale di libertà che innestatasi su un deserto lo ha reso florido di vita. Provate a fare un elenco di tutti gli argomenti utilizzati nella propaganda politica degli ultimi anni, metteteli in fila: gli immigrati invadono, portano malattie, tolgono lavoro a chi lavora, arrivano a far da schiavi, sono destinati a diventare le nuove leve criminali, i centri di accoglienza sono solo soldi in più alle mafie. Queste argomentazioni genereranno lo stesso indignato stupore che ora gli studenti hanno quando scoprono l’apartheid, e che ci fu un tempo in cui uomini bianchi e uomini neri avevano i bagni separati, in cui sui tram c’era uno spazio per i white vietato ai black.
Renzo Piano “Tornate indietro pronti a organizzare un Periferia Pride”
Intervista di Francesco Merlo a Renzo Piano (Repubblica 10.8.18)
«Voglio cominciare dalla fine e appellarmi al governo, ai deputati della maggioranza, al Parlamento. Ovviamente so che gli appelli sono pericolosi». Coinvolgono i sentimenti e dunque rischiano la retorica. «Ma qui non c’è il minimo sospetto di retorica e neppure di demagogia perché queste non sono le grandi opere di cui si sta discutendo in questi giorni, Tav, Tap... Questi sono piccoli progetti, tanti piccoli progetti, circa 120. Proprio il contrario della grandeur. Insomma hanno bocciato quel rammendo delle periferie che gli studenti italiani nel 2014 scelsero in maggioranza come tema della maturità. Il rammendo significa cantieri leggeri, interventi d’amore che riqualificano. Per esempio, una stazione di autobus in periferia è già aggregazione sociale. E i passaggi per i disabili a Milano, l’illuminazione, i marciapiedi …».
Non hanno bocciato solo 120 miniprogetti, ma un’idea di futuro?
Magnate inglese lascia una verde eredita’: 10 milioni di nuovi alberi
Articolo di Matteo Persivale (Corriere 2.8.18) “Buone pratiche. Inghilterra, il lascito dell’editore Felix Dennis: piantate un bosco”
“”Nessuno sa con certezza se davvero Felix Dennis — l’eccentrico editore inglese della rivista della Swingin’ London «Oz» che negli anni ‘70 e ‘80 costruì un impero pubblicando periodici di automobilismo, computer, giardinaggio, ciclismo, fitness, occulto e hobby vari: 30 titoli per un totale di 2,5 milioni di copie al mese — davvero riuscì a bruciare cento milioni di euro tra donne e alcol e droga, cifra della quale si vantava spesso. E c’è da sperare che davvero fosse sotto l’effetto di «medicinali» (cioè droga), come si corresse poi temendo una visita di Scotland Yard, quella volta che si vantò di aver ucciso un uomo. Di sicuro però Dennis, morto nel 2014 a soli 67 anni dopo una vita vissuta a duecento all’ora, ha lasciato gran parte del suo patrimonio, circa 150 milioni di sterline, quasi 170 milioni di euro, a una buona causa che gli fa molto onore. In vita, fece piantare un milione di alberi creando un immenso bosco nei pressi della sua casa di Dorsington, non lontano dalla Stratford-upon-Avon di Shakespeare, a circa 140 km da Londra. Ora, con quei 150 milioni di sterline (la casa editrice è stata venduta a un fondo), gli alberi diventeranno dieci milioni, in un immenso bosco di 100 km quadrati.
La visione di Adriano Olivetti Tecnologia e umanesimo nella citta’ ideale del nostro Steve Jobs
Articolo di Aldo Cazzullo (Corriere 2.7.18)
“”Adriano Olivetti si pensava come un incrocio tra un principe rinascimentale e un educatore. Sognava e programmava insieme. Il riconoscimento dell’Unesco è un premio a lui e alla comunità che ha fondato. Il quartiere di Ivrea in cui sorse l’Olivetti somiglia all’Addizione Erculea di Ferrara, il primo quartiere rinascimentale d’Italia e quindi del mondo: vie dritte, palazzi squadrati, prospettive razionali, come nella Città Ideale. Padre ebreo, madre valdese, antifascista, Olivetti potrebbe sembrare anti-italiano. È invece uno dei protagonisti della Ricostruzione del nostro Paese: perché, accanto agli ingegneri, assume i migliori scrittori e intellettuali. Il suo segretario personale è Geno Pampaloni, raffinato critico letterario. Capo del personale è Paolo Volponi, che prima è stato responsabile dei servizi sociali dell’azienda: biblioteca da 150 mila volumi, centro studi, mostre, concerti, asili, mense, ambulatori.
In ricordo di Alex Langer, un ecologista per il futuro
Articolo di Teodora Margarita (manifesto 28.6.18) “Alex Langer, il groppo in gola è pesante, ancora, dopo tanti anni, ricordando quel tragico 3 luglio”
Non c’era convegno importante, di quelli dove si discute davvero o si sogna una Europa senza frontiere, una Europa da allargare, o un mondo senza la parola guerra, dove lui non fosse presente. Era – e ricordo luoghi dove sono stato anch’io – a Napoli, ad un convegno di presentazione delle nuove realtà verdi ed ecologiste dell’Est europeo, c’era a Sarajevo, era il settembre del 1993, la guerra fratricida ardeva Vukovar ed Osijek. Noi eravamo là, con noi i Litfiba, il Trio Liguori, i Nomadi del mai dimenticato Augusto Da Olio. E Alex c’era.“”La penna si trattiene, lo scritto non può fluire come vorrebbe. Ci si sente come scolaretti che saranno di certo rimproverati. La pagina può restare bianca. Quando il groppo in gola è pesante, ancora, dopo tanti anni, ricordando quel tragico 3 luglio 1995. Ad Alex Langer non si poteva non volere che un bene senza misura, anche quando non si condividevano le sue prese di posizione più politiche all’interno del piccolo mondo dei Verdi italiani: restava tra i pochissimi ai quali si prestava ascolto. Non era un politico, era un visionario. Eppure, quanto dolore per questa persona che abbiamo avuto l’onore di conoscere. Non si risparmiava e scriveva, scriveva molto e dappertutto. Era un intellettuale di quelli che coniugano le parole con le azioni ed ha vissuto allo spasimo. Quando se ne andò, si prese le prime pagine non solo dei quotidiani italiani ma anche di tutti quelli di lingua tedesca. Era un costruttore di ponti, un uomo di pace vero.