Fausto Amodei “In Italia nessuno dice piu’ pane al pane, vino al vino”
Articolo di Marinella (Stampa 15.6.19)
“”Un bel gruzzolo di scrittori e architetti, avvocati e poeti, etnomusicologi, giornalisti e letterati. Un combo torinese. Vivevano del loro lavoro ma coltivavano con tenacia la passione per la canzone sociale, che volteggiava per metafore o faceva le pulci in musica ad Andreotti e Fanfani cantandone le malefatte. Cantacronache nacque come contraltare ostinato alla canzone stupidina che si era andata affermando soprattutto a Sanremo, dove le mamme del mondo erano tutte belle. Qui, invece, si badava ai contenuti più che alla musica. Attivo fra il 1957 e il 1963, il gruppo si era riempito di personaggi eterogenei come Italo Calvino, Franco Fortini, Sergio Liberovici, Emilio Jona, Michele Straniero, Margot, Fausto Amodei; tutti scrutati dall’occhio affettuoso e complice di Umberto Eco. Da loro finirono per discendere anni dopo i cantautori, e se De André si ispirò apertamente alla pacifista Dove vola l’avvoltoio di Calvino per la Guerra di Piero, Francesco Guccini confessò poi non a caso di esser stato influenzato da Fausto Amodei, che fra tutti appare ancora il più moderno, il più vicino alla canzone d’autore che noi conosciamo.
Cos’e’ l’acqua? Un aneddoto di Foster Wallace
Dal libro “L’utilità dell’inutile”di Nuccio Ordine (Bompiani, 2013), riportiamo:
””Ecco perché all’inizio di ogni anno accademico mi piace leggere ai miei studenti un passaggio di un discorso tenuto da David Foster Wallace ai laureandi di Kenyon College, negli Stati Uniti. Lo scrittore - morto tragicamente nel 2008, a quarantasei anni - il 21 maggio 2005 si rivolge ai suoi studenti raccontando una breve storiella in cui sono egregiamente illustrati il ruolo e la funzione della cultura:
”Ci sono due giovani pesci che nuotano e a un certo punto incontrano un pesce anziano che va nella direzione opposta, fa un cenno di saluto e dice: - Salve , ragazzi. Com’è l’acqua? - I due pesci giovani nuotano un altro po’, poi uno guarda l’altro e fa: - Che cavolo è l’acqua?”
Lo stesso autore ci fornisce la chiave di lettura del suo racconto: “Il succo della storiella dei pesci è semplicemente che le realtà più ovvie, onnipresenti e importanti sono spesso le più difficili da capire e da discutere”. Come i due pesci più giovani, noi non ci rendiamo conto. di cosa sia veramente l’acqua nella quale viviamo ogni minuto della nostra esistenza. Non abbiamo coscienza, infatti, che la letteratura e i saperi umanistici, che la cultura e l’istruzione costituiscono il liquido amniotico ideale in cui le idee di democrazia, di libertà, di giustizia, di laicità, di uguaglianza, di diritto alla critica, di tolleranza, di solidarietà, di bene comune, possono trovare un vigoroso sviluppo.””
Il senso perduto della comunita’
Dialoghi sull’uomo. “Comunità” la lezione di Marco Aime (Sole 19.5.19) “A Pistoia il Festival di antropologia del contemporaneo affronta il difficile tema della convivenza in un’epoca di condivisioni virtuali, di muri e razzismo”
“”C’era un bambino, che amava sedersi sulla sponda del fiume, dopo un temporale e guardare, con occhi sognanti l’arcobaleno. Un gioco di acque riflesse nel sole, un nastro di pioggia e colori, una seta lunga e sottile dalla vita breve. Il bambino chiudeva gli occhi perché non svanisse nel cielo morbido con il primo sole. Lo guardava specchiarsi nell’acqua senza patria del fiume, un riflesso diviso tra due mondi a metà. Quel bambino divenne uomo e studiò architettura. Si chiamava Mimar Hayruddin e fu lui a pensare che quell’arco doveva diventare realtà, non svanire a ogni sole. Così progettò un arcobaleno di pietra, che unisse le due parti della città: quella musulmana e quella cristiana. Era il 1566 e per ordine del sultano Solimano Mimar costruì quel ponte sulla Neretva, che ancora oggi dà il nome alla città di Mostar, nel sud della Bosnia-Erzegovina. Non so se sia andata davvero così, ma mi piace pensarlo e quel ponte divenne un simbolo: per secoli quel sottile ed elegante arco di pietra che univa due mondi, due modi di pregare dio, due storie diverse fu la testimonianza di come sia possibile convivere nella diversità. Cosí nasce una comunità, dalla volontà di non pensarsi diversi, di volere condividerle spazi e tempi, di pensare insieme a un domani comune.
Dentro e oltre il partito
Articolo di Paolo Pombeni (Sole 19.5.19) sul libro “Partito e democrazia”, percorso della legittimazione dei partiti di Piero Ignazi, Mulino, Bologna, pagg. 440, € 38. “La documentata indagine dello studioso comincia dalla questione delle parti politiche nella Grecia e nella Roma dell’età classica sino alle organizzazioni di massa, per arrivare alla crisi di fiducia (irrisolta) di oggi.”
“”È un lungo viaggio intellettuale quello che Piero Ignazi affronta in questo libro: non si tratta solo della ricostruzione di una istituzione, il partito politico, che è presente in varie forme in tutta la storia dell’Europa occidentale, ma anche di una navigazione lungo la letteratura, storiografica e politologica, che nei decenni del Novecento e anche oggi ha cercato di misurarsi con l’interpretazione di questa fenomenologia. Un lavoro davvero imponente sia per la vastità del panorama preso in considerazione (quasi tutti i Paesi europei) sia per l’ampiezza degli studi di cui ha tenuto conto.
I “senza voce”
Articolo di Massimo Bucciantini (Sole 19.5.19) sul libro di Adriano Prosperi “Un volgo disperso. Contadini d’Italia nell’Ottocento” “I «senza voce». Adriano Prosperi ci riportain un contesto remotissimo che abbiamo del tutto rimosso, ma che ci riguarda: vita e miseria nelle campagne italiane dell’800. Il mondo scomparso dei contadini”
“”«Chi preferisce vedere un’immagine sdolcinata dei contadini, vada per un’altra strada. Io sono convinto che alla lunga dia risultati migliori dipingerli nella loro rozzezza piuttosto che con la convenzionale leziosità. Un quadro di contadini non deve essere profumato». Era il 30 aprile 1885. Vincent Van Gogh aveva appena finito I mangiatori di patate, un quadro che ha segnato un momento di svolta nella sua vita e nel suo modo di dipingere. Theo, suo fratello, aveva appena terminato di leggere con entusiasmo Germinal di Zola e Vincent gli rispondeva da pittore-antropologo qual era, facendolo entrare in un altro mondo: un mondo di dolore e di sofferenza a lui del tutto estraneo. Questo quadro «volevo che facesse pensare a un modo di vivere del tutto differente rispetto al nostro, di persone civilizzate». «Bisogna dipingere i contadini come se si fosse uno di loro, come se si avessero i loro stessi sentimenti e pensieri».
“Ci sfruttiamo da soli” A colloquio con Ken Loach
Articolo di Anna Maria Pasetti (Fatto 17.5.19) “Sorry, We Missed You” – La pellicola potrebbe consegnare a Ken Loach la terza Palma d’Oro in carriera
“”Ken Loach si presenta con un braccio rotto perché “stavo combattendo i fascisti!” scherza con la consueta ironia. E con altrettanta consuetudine è invitato col suo nuovo film al Festival di Cannes, dove già vanta due Palme d’oro. “Non penso certo a una terza, già sono stati troppo generosi con me” ma Sorry We Missed You è un’opera che, vincesse un ulteriore premio, nessuno si scandalizzerebbe. Perché ci porta ancora una volta nei territori della verità più vera, quelli che Loach governa con maestria tuttora inarrivabile. Ambientato nella Newcastle dove già aveva situato I, Daniel Blake nel 2016, il film è un’esplorazione del mondo del lavoro, di come è cambiato, laddove i precari non sono più sfruttati dal “padrone” ma arrivano addirittura a sfruttare se stessi, spesso autodistruggendosi. “Una situazione totalmente intollerabile che naturalmente nasce da scelte politiche” chiosa il cineasta da sempre vate dei labour.
Ma quale Patria? Si chiama Matria ed e’ la nostra lingua
Articolo di Massimo Cacciari (Repubblica 7.5.19)
“”Dalla nostalgia di Enea per la terra perduta alle radici dell’Europa la vera appartenenza è nell’idioma. Come sapevano bene Dante, Machiavelli e Leopardi. Una dimora che va difesa da chi oggi la vuole ridurre a chiacchiera. Dove trovare la Patria? Dove porre sede e finalmente cessare di inseguirla? È questa la domanda di Enea da cui si origina l’Europa — domanda forse ormai totalmente dimenticata. Gli dèi hanno decretato che per l’eroe sarà l’Italia questa patria. Ma l’Italia gli fugge sempre. All’eroe fuggitivo risponde l’Italia che fugge. Come agli eroi avvenire fuggirà l’Europa: Dove essa inizia? Dove finisce?
Quante nazioni la abitano? Quali radici la sostengono? O il suo demone consiste proprio nel non averle, nel non potersi su nulla radicare? Aveva, sì, Patria Enea, anzi: la Patria, Troia. Ilio sacra è l’immagine della città perfetta, governata dal Re giusto e buono, abitata da chi ritiene massima virtù morire per la sua salvezza.
Ischia, il giardino della Mortella oggi e’ un sogno condiviso. La sua bellezza salvera’ il mondo?
Blog di Andrea Bocconi (Fatto 6.4.19)
“”Un musicista inglese, William Walton – sposato con Susana, una donna argentina appassionata di piante – compra nel 1949 due ettari di una collina scoscesa a Ischia, tutta rocce, terra vulcanica e mirto che nasce spontaneo ovunque. Lì costruiranno una casa che in realtà è corollario di un progetto grandioso, un giardino romantico, ricco di piante che arrivano da ogni parte del mondo. Chiamano per progettarlo Russell Page, famoso architetto di paesaggi. Per realizzare il progetto si prevedono dieci anni. Susana continuerà per altri 40.
Letteratura e saperi umanistici
Un aneddoto di David Foster Wallace, commentato da Nuccio Ordine (tratto da “L’UTILITÀ DELL’INUTILE” di Nuccio Ordine (Bompiani)
””Ci sono due giovani pesci che nuotano e a un certo punto incontrano un pesce anziano che va nella direzione opposta, fa un cenno di saluto e dice: - Salve, ragazzi. Com’è l’acqua. - I due pesci giovani nuotano un altro po’, poi uno guarda l’altro e fa: - Che cavolo è l’acqua?”” Foster Wallace
“”Lo stesso autore ci fornisce la chiave di lettura del suo racconto: “Il succo della storiella dei pesci è semplicemente che le realtà più ovvie, onnipresenti e importanti sono spesso le più difficili da capire e da discutere”. Come i due pesci più giovani, noi non ci rendiamo conto di cosa sia veramente l’acqua nella quale viviamo ogni minuto della nostra esistenza . Non abbiamo coscienza infatti, che la letteratura e i saperi umanistici, che la cultura e l’istruzione costituiscono il liquido amniotico ideale in cui le idee di democrazia, di libertà, di giustizia, di laicità, di uguaglianza, di diritto alla critica, di tolleranza, di solidarietà, di bene comune, possono trovare un vigoroso sviluppo.” Nuccio Ordine
Why are we creative?
Recensione di Giancarlo Zappoli del documentario presentato in anteprima mondiale alle Giornate degli Autori di Venezia (domenica 2 settembre 2018)
“”In oltre 30 anni di incessante ricerca Hermann Vaske ha girato il mondo intero, incontrato le più diverse personalità, frequentato i festival di cinema, le mostre d'arte, i simposi internazionali per porre ad artisti e intellettuali la stessa domanda: "Perché siamo creativi?". Alcune delle folgoranti risposte di vincitori del Nobel o dell'Oscar, protagonisti della scena e del cinema, furono presentate molti anni fa in una mostra. Adesso il viaggio è finalmente completato (temporaneamente) e il film vero e proprio vede la luce alla Mostra di Venezia. Tra i protagonisti: David Bowie, Ai Weiwei, Björk, Wim Wenders, Philippe Stark, Yoko Ono, John Hegarty, David Lynch, Yohji Yamamoto, Damien Hirst, Angelina Jolie, Nobuyoshi Araki, Quentin Tarantino, Bono, Nick Cave, Neo Rauch, Stephen Hawkins, il Dalai Lama, Peter Ustinov, Marina Abramovic, Diane Kruger, Julian Schnabel, John Cleese, Jimmy Page, Vivienne Westwood, Takeshi Kitano.
Ci sono idee solo apparentemente semplici che ci fanno pensare: "Avrei potuto farlo anch'io". Questo è vero. Però l'ha fatto qualcun altro. È il caso di Vaske che ha avuto l'idea geniale di porre la domanda di cui sopra a un ampio spettro di personalità ottenendo risposte spesso illuminanti che spingono ognuno degli spettatori a riflettere sull'argomento.