Accadde oggi: approvata la Legge 194 sull’aborto
1978 - Il Parlamento italiano approva la Legge n. 194 sull'Interruzione Volontaria della Gravidanza o Legge sull'aborto.
La 194 consente alla donna, nei casi previsti dalla legge, di poter ricorrere alla IVG in una struttura pubblica (ospedale o poliambulatorio convenzionato con la Regione di appartenenza), nei primi 90 giorni di gestazione; tra il quarto e quinto mese è possibile ricorrere alla IVG solo per motivi di natura terapeutica.
Questa legge sarà confermata dagli elettori nella consultazione referendaria del 17 maggio 1981 con la vittoria dei NO all'abrogazione con il 68% dei voti.
(In fondo un filmato su una manifestazione del 1976 per la legalizzazione dell'aborto)
Il prologo della legge 194 (art. 1), recita:
Lo Stato garantisce il diritto alla procreazione cosciente e responsabile, riconosce il valore sociale della maternità e tutela la vita umana dal suo inizio.
L'interruzione volontaria della gravidanza, di cui alla presente legge, non è mezzo per il controllo delle nascite.
Lo Stato, le regioni e gli enti locali, nell'ambito delle proprie funzioni e competenze, promuovono e sviluppano i servizi socio-sanitari, nonché altre iniziative necessarie per evitare che l'aborto sia usato ai fini della limitazione delle nascite.
L'art. 2 tratta dei consultori e della loro funzione in relazione alla materia della legge, indicando il dovere che hanno della donna in stato di gravidanza:
- informarla sui diritti garantitigli dalla legge e sui servizi di cui può usufruire;
- informarla sui diritti delle gestanti in materia laborale;
- suggerire agli enti locali soluzioni a maternità che creino problemi;
- contribuire a far superare le cause che possono portare all'interruzione della gravidanza.
Nei primi novanta giorni di gravidanza il ricorso alla IVG è permesso alla donna
quando circostanze per le quali la prosecuzione della gravidanza, il parto o la maternità comporterebbero un serio pericolo per la sua salute fisica o psichica, in relazione o al suo stato di salute, o alle sue condizioni economiche, o sociali o familiari, o alle circostanze in cui è avvenuto il concepimento, o a previsioni di anomalie o malformazioni del concepito (art. 4).
Come risulta dalle formule usate dalla legge, le possibilità di accedere alla IVG nei primi novanta giorni sono limitate solo ai casi in cui la gravidanza comporterebbe un serio, ed evidentemente oggettivo, pericolo per la salute fisica o psichica della donna in stato di gravidanza. Risulta, dunque, errato ritenere che la legislazione italiana permetta alla donna piena libertà di accedere alla IVG durante il primo trimestre di gravidanza.
La IVG è permessa dalla legge anche dopo i primi novanta giorni di gravidanza (art. 6):
- quando la gravidanza o il parto comportino un grave pericolo per la vita della donna;
- quando siano accertati processi patologici, tra cui quelli relativi a rilevanti anomalie o malformazioni del nascituro, che determinino un grave pericolo per la salute fisica o psichica della donna.
Se vuoi approfondire, cliccando qui sotto potrai leggere due pareri contrapposti sull'esito del referendum del 1981.
Giudizio del Cardinale Giacomo Biffi tratto da Memorie e digressioni di un italiano cardinale
Giudizio di Enrico Berlinguer da un intervento alla festa nazionale delle donne nel luglio 1991