Accadde oggi: la Unam Sanctam di Bonifacio VIII
La bolla «…nella potestà della Chiesa sono distinte due spade, quella spirituale e quella temporale; la potestà spirituale deve ordinare e giudicare la potestà temporale…[...] chi si oppone …si oppone a Dio stesso… ogni uomo che desidera la sua salvezza deve assoggettarsi al vescovo di Roma».
Ciò stava a significare la supremazia del potere spirituale su quello temporale, pena la scomunica in caso di ribellione. Lo scontro tra il Papa e il re di Francia è uno scontro tutto politico, di una monarchia contro una teocrazia, in un quadro in cui dall’impero medievale, cominciavano ad affermarsi le monarchie nazionali. Il contrasto era già esploso in merito alla riscossione delle decime, il re vietava la residenza sul suolo francese agli stranieri, impedendo, di fatto, che i legati pontifici potessero riscuotere le cosiddette "decime", cioè le tasse per la Chiesa. La reazione di Filippo IV alla bolla fu dura. Il suo obiettivo: mettere sotto processo il Papa, invalidarne l'elezione, accusarlo di eresia e simonia e procedere alla sua deposizione. La decisione di processare il Papa fu adottata nel corso di una riunione del Consiglio di Stato convocato poco dopo. Numerose furono le accuse verso il papa.
(Guarda il filmato "Dario Fo - Le malefatte di Bonifacio VIII" da Mistero Buffo)
Innanzi tutto quella di aver fatto assassinare il suo predecessore, già papa Celestino V. Fu accusato poi di negare l'immortalità dell'anima, e di aver autorizzato alcuni sacerdoti alla violazione del segreto confessionale, infine di simonia e sodomia. Occorreva però la presenza del Pontefice al processo, il Consigliere di Stato Guglielmo di Nogaret fu incaricato di condurlo a Parigi. Sulla base di queste accuse, il re propose di convocare un Concilio per la destituzione del Pontefice e la sua proposta fu approvata dalla quasi totalità del clero francese. il Nogaret e Sciarra Colonna riuscirono a catturare il Papa dopo un assalto al palazzo pontificio di Anagni, dove Bonifacio si era asserragliato, e per tre giorni il Papa restò prigioniero, sottoposto, pare, ad ingiurie verbali . L’episodio è noto come lo schiaffo di Anagni. In realtà pare che il Papa non sia stato colpito fisicamente, ma pesantemente umiliato. Il processo fu celebrato post mortem, ribadendo i capi d’accusa..
Bonifacio VIII ( al secolo un Caetani) è il papa che istituisce il Giubileo, l'Anno Santo, nel quale assicurava indulgenza plenaria per tutti quelli che avessero fatto visita alle Basiliche di San Pietro e San Paolo fuori le mura, ogni cento anni. il papa temeva il blocco delle "decime", per il contrasto con il re francese, e la lotta con i Colonna, avversari storici nella successione al pontificato. Istituì il Giubileo proprio per motivi finanziari. Notevole fu l'afflusso di danaro, ma il papa non ricevette l'omaggio dei Sovrani d'Europa , una grossa sconfitta, segno dei tempi che cambiavano. Bonificio VIII è figura già molto controversa nei giudizi dei contemporanei che lo accusarono di avere ucciso Celestino V, il suo predecessore (“Colui che fece il gran rifiuto”), tenuto prigioniero, ultraottantenne, nella fortezza della famiglia Caetani, dove morì. Era sospettato di fare pratiche magiche, di essere avido solo di potere e beni materiali. Jacopone da Todi lo apostrofa pesantemente, e lo definisce “novello Anticristo”. Nelle Laudi la frase «Pensavi per augurio / la vita perlongare» merita di essere presa alla lettera: la parola "augurio" indica le pratiche magiche pagane, alle quali Bonifacio VIII si sottoponeva per salvarsi dalla morte corporale. È’ aspramente criticato da Dante in tutto l'Inferno, tanto che il sommo Poeta scrisse che nella Bolgia dei Simoniaci c'è già un posto riservato a lui. « [...] "Se' tu già costì ritto, Bonifazio? / Di parecchi anni mi mentì lo scritto./ Se' tu sì tosto di quell'aver sazio / per lo qual non temesti tòrre a 'nganno / la bella donna, e poi di farne strazio?" » Bonifacio VIII era ancora vivo, mentre i versi venivano scritti, è già si anticipa la sua condanna all’inferno, per peccato di simonia, la vendita di cose sacre, e di straziare con la sua condotta la Bella donna, cioè la Chiesa. Dario Fo in Mistero Buffo racconta l'aneddoto della lenguada: era usanza dispotica del pontefice, che faceva appendere per la lingua a rispettivi portoni, quei personaggi che rovinavano la sua immagine.