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12feb/22Off

Accadde oggi: muore Elio Vittorini

12 febbraio

1966 - Muore a Milano lo scrittore Elio Vittorini. Scrittore, giornalista e traduttore, ha svecchiato l’editoria e la cultura italiana negli anni cruciali del fascismo e del primo dopoguerra, divulgando la grande letteratura anglosassone.
Partigiano, iscritto al Partito comunista, se ne allontanò con la nota polemica, sul ruolo degli intellettuali e la politica, aperta con Togliatti.
«Rivoluzionario è lo scrittore che riesce a porre attraverso la sua opera esigenze rivoluzionarie diverse da quelle che la politica pone; esigenze interne, segrete, recondite dell'uomo ch'egli soltanto sa scorgere nell'uomo…» [Lettera di Vittorini a Togliatti, su «Il Politecnico», 1947]
(In fondo, in un filmato, potrai ascoltare lo stesso Vittorini che, raccontando la sua vita, parla del suo impegno letterario)
vittorini1«.. noi non suoneremo il piffero della rivoluzione..»
Figlio di un ferroviere e primo di quattro fratelli, passò l'infanzia in varie località della Sicilia seguendo gli spostamenti del padre; poi, nel 1924, fuggì improvvisamente dall'isola (utilizzando i biglietti omaggio cui avevano diritto i familiari dei dipendenti delle ferrovie) per andare a lavorare in Friuli Venezia Giulia come edile. Manifestò la propria vocazione letteraria precocemente collaborando, fin dal 1927, a diverse riviste e, grazie all'amicizia con il già affermato Curzio Malaparte, anche al quotidiano "La Stampa". Nel '30, intanto, era uscita l'antologia, da lui curata insieme a Enrico Falqui, "Scrittori nuovi" mentre in contemporanea avvenne la pubblicazione a puntate, sempre sulla rivista fiorentina, del suo primo romanzo "Il garofano rosso", testo che provocò il sequestro del periodico per oscenità (il romanzo fu poi edito in volume nel 1948).
Il_garofano_rosso_smallIntanto, Vittorini sviluppò il suo famoso amore per l'America e la sua produzione artistica. Anche se il suo rapporto con l'inglese non fu mai completo, nel senso che malgrado lo studio assiduo di questa lingua non riuscì mai a parlarla correttamente ma solo a leggerla, in quella lingua tradusse decine di libri, che vanno dalla opere di Lawrence a Edgar Allan Poe, da Faulkner al Robinson Crusoe. Questa sua funzione di traduttore e di divulgatore della letteratura d'oltreoceano ha giocato un ruolo importantissimo per lo svecchiamento della cultura e della letteratura italiana, asfitticamente rivolta al proprio "particulare" anche e soprattutto a causa della politica soffocante del regime mussoliniano.
Sulla scia di queste convinzioni e di queste influenze culturali, scrisse il suo romanzo più importante "Conversazione in Sicilia" al centro del quale pose il tema del "mondo offeso" dalle dittature e quello delle responsabilità individuali dell'uomo di cultura.
politecnicoQuei temi furono poi ripresi nel romanzo "Uomini e no" (1945), nel quale Vittorini rielaborò la propria esperienza di combattente nella Resistenza. Nel '45 diresse per alcuni mesi "L'Unità" di Milano e fondò per l'editore Einaudi la rivista "Il Politecnico", periodico, impegnato a dar vita ad una cultura capace di fondere tra loro cultura scientifica e cultura umanistica, che potesse essere strumento di trasformazione e di miglioramento della condizione dell'uomo, non solo quindi forma di "consolazione"dei suoi mali. L'apertura culturale della rivista e soprattutto le posizioni assunte da Vittorini in merito alla necessità di una ricerca intellettuale autonoma dalla politica, suscitarono la famosa polemica con i leader comunisti Mario Alicata e Palmiro Togliatti che portarono alla sua prematura chiusura nel '47.
t_ConversazioneinSiciliaElioVittoriniSempre nel '47 la traduzione americana di "Conversazione in Sicilia", con prefazione di Hemingway. Nel '50 riprende la sua collaborazione a "La Stampa".
Nel 1951 lasciò il PCI per dedicarsi all'attività editoriale. Salutato polemicamente da Togliatti con un articolo su "Rinascita" (firmato pseudonimo di Roderigo di Castiglia), il pezzo rimase emblematico anche negli anni successivi come esempio dell'arroganza dei politici e la chiusura delle gerarchie di sinistra. Già il titolo dell'articolo rappresentava uno sfregio, riportando, a caratteri cubitali: "Vittorini se n'è ghiuto, e soli ci ha lasciato!".
La sua attività editoriale rimane comunque saldamente in testa alle sue preferenza, tanto che inaugura, per Einaudi, la collana "I gettoni", importantissima per il suo ruolo di scoperta dei nuovi narratori più interessanti della nuova generazione; inoltre curò, sempre per lo stesso editore, opere di Ariosto, Boccaccio e Goldoni. Nel 1957 pubblicò "Diario in pubblico", che raccoglieva i suoi interventi militanti, politico-culturali; nel '59 fondò e diresse, insieme a Italo Calvino, "II Menabò", importante per l'avvio del dibattito sullo sperimentalismo letterario degli anni Sessanta.
Postumi uscirono il volume critico "Le due tensioni" (1967), una raccolta di brevi saggi (in realtà, frammenti, appunti, riflessioni) e il romanzo incompiuto scritto negli anni cinquanta "Le città del mondo".

 

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