Che tristezza quelle parate di soli maschi
Articolo di Donatella Di Cesare (Espresso 8.9.19)
“”Fra gli aspetti grotteschi, funambolici e talvolta tragici della recente crisi di governo, spicca in particolare il machismo di fondo. Sullo scenario politico si avvicendano giacche, colletti bianchi, cravatte. La dominante maschile si afferma in tutto il suo strapotere. Le immagini sono indelebili nella memoria. Come non ricordare la delegazione dei Cinque Stelle che marcia a passo ritmato nel cortile del Quirinale? E tutta composta da soli uomini. Possibile che un movimento nato di recente non abbia una rappresentanza femminile? Non va molto meglio nei partiti tradizionali. Sembra paradossale che, proprio a destra sia possibile imbattersi qui e là in donne votate alla politica. Bisogna poi vedere con quale atteggiamento e quali modelli. Certo è che dalla recente crisi emerge l'assenza delle donne nella politica, nelle sue partite, nei suoi giochi, nei suoi accordi. E come se, con un colpo di spugna, si cancellasse oltre metà dell'elettorato. Viene riflessa così un'immagine desolante del Paese. Nulla di nuovo - qualcuno direbbe. In Italia mai una donna è stata eletta primo ministro. Il che non è certo un caso.
CREDERE. Le parole della laicita’
Da MicroMega online 11.7.17 rubrica a cura di EDOARDO LOMBARDI VALLAURI
“”Usiamo le parole in modo truffaldino. Talvolta ingannando gli altri, talvolta noi stessi. Le parole ci ingannano perché senza saperlo ne accettiamo usi fuorvianti, che costruiscono il mondo come non è. Un uso veramente laico delle parole sarebbe quello in cui non operasse nessuna assunzione nascosta e non verificata. Il verbo credere è solo apparentemente innocuo. Nel suo primo significato, significa “ritenere qualcosa probabile, verosimile, ma non certo, di solito perché non se ne hanno informazioni sufficienti”. Per esempio: credo che Giorgio sarà eletto, oppure credo che Carlotta sia innamorata di te, non per caso con il congiuntivo dell’incertezza. In questo significato, il verbo introduce frasi dichiarative (appunto, credo che...), oppure la fonte a cui si dà credito, con la preposizione a: credo a quello che dice il premier, credo più a te che a tuo fratello. Ma esiste un altro uso del verbo, sottilmente diverso sia nella semantica che nella sintassi, in cui la cosa creduta è introdotta dalla preposizione in, e che serve quando si tratta di una credenza epistemologicamente meno sobria.
Citazioni e aforismi sulla creativita’: “rompere le regole”
Dal sito nuovoeutile di Annamaria Testa:
""Non tutte le prigioni hanno le sbarre: molte sono meno evidenti ed è difficile evadere perchè non sappiamo di essere prigionieri. Sono le prigioni dei nostri automatismi culturali che castrano l'immaginazione, fonte di creatività"
(Henry Laborit, biologo e filosofo)
"La regola d'oro è che non ci sono regole d'oro"
(George Bernard Shaw, scrittore)
La famiglia sconfinata
Recensione di Vittorio Filippi dell'ultimo libro di Chiara Saraceno (manifesto 13.9.17) "L'ultimo libro della sociologa Chiara Saraceno, pubblicato da Laterza interroga gli «equivoci» generati da padri, madri & altri"
""Famiglia è una delle parole più usate nel lessico della quotidianità e uno dei concetti ritenuti più chiari, più semplici, perfino più (apparentemente) «naturali». Un termine che diamo per scontato nella sua (supposta) ovvietà. E su cui, per pigro trascinamento semantico, portiamo avanti tutta una serie di stereotipi e di preconcetti che ci impediscono di vedere le profonde e veloci trasformazioni che negli ultimi decenni hanno rivoluzionato la stessa parola famiglia, tanto è vero che negli Stati Uniti il Censis Bureau vi aggiunge l’espressione living arrangement.
CHIARA SARACENO, figura notissima di studiosa di sociologia della famiglia, in questo veloce volume (L’equivoco della famiglia, Laterza, pp. 208, euro 15) ci aggiorna sulle vicende della famiglia italiana facendo soprattutto pulizia delle ambiguità e delle ovvietà che vi pullulano e che rendono spesso la famiglia un ideale o una ideologia. In sette capitoli affronta agilmente tutti quei mutamenti – che in sintesi definiamo sociali, ma che in realtà sono demografici, culturali, religiosi, lavorativi, tecnologici, di welfare, giuridici – che hanno trovato nella famiglia il pivot più eclatante e visibile ma che in realtà sono i mutamenti con cui la modernità e la post modernità hanno rovesciato, in pochi lustri, la società italiana.
Come fermare i moltiplicatori dell’ odio
Articolo di Chiara Saraceno (Repubblica 29.7.17) "«Anche nell’odio le parole non sono tutto, ma anche l’odio non sa fare a meno delle parole»"
""L’Italia appare come il secondo Paese più razzista d’Europa. È anche il Paese più islamofobo. Del resto, secondo i dati Istat, il 40% della popolazione ritiene che le religioni “altre” da quella maggioritaria siano un pericolo e che andrebbero contenute, tanto più nel caso della religione musulmana. Del sessismo pervasivo fino alla violenza abbiamo, ahimè, documentazione quasi quotidiana. Un po’ più del 50% degli 11-17enni è oggetto di qualche episodio offensivo, non rispettoso e/o violento da parte di coetanei almeno una volta al mese. Non si salvano neppure le persone con disabilità, che non solo devono abituarsi a sentire nominare la propria disabilità come forma di insulto corrente, ma sono anche oggetto di aggressioni e violenze più spesso delle persone normodotate. In particolare, i minori con disabilità corrono un rischio da tre a quattro volte maggiore dei coetanei non disabili di essere trascurati dai genitori, vivere in istituto, subire violenze fisiche o sessuali e di non venir presi in considerazione da servizi e agenzie che si occupano della protezione dei minori.
Mini-sillabario antirazzista dieci parole per non tacere
Articolo di Paolo Rumiz (Repubblica 20.5.17) "«Il prontuario. Dal sarcasmo alla compassione ecco come zittire chi incita all’odio. Perché la prima guerra da combattere è contro il silenzio».
""Come rispondere al razzismo aggressivo e manifesto senza mettersi sullo stesso piano di violenza verbale? Sono in tanti a tacere per questo timore, ma è un chiamarsi fuori che non paga. Il demoniaco sproloquio sul web dilaga anche perché sono forse troppo pochi quelli che hanno animo di rispondere pubblicamente, sul treno, per strada, al bar. La prima, vera guerra da combattere è contro il silenzio.
Brecht scrisse: «Non si dica mai che i tempi sono bui perché abbiamo taciuto». E i tempi furono bui per davvero.Non è la xenofobia il problema: ad essa va prestato attentamente ascolto. Essere inquieti di fronte all’Altro è un riflesso naturale e umano. Sbaglia chi non sa ascoltare questa paura. La classe politica ha il dovere di capire e gestire le tempeste identitarie generate dalla società globale per evitare che diventino odio, perché con quell’odio, poi, non si potrà più ragionare. È quanto accade sempre più spesso oggi.
Sulla servitu’ delle donne
Citazione di John Stuart Mill (Sulla servitù delle donne)
""Possiamo tranquillamente affermare che la conoscenza che l'uomo ha potuto acquisire della donna, così come è stata e come è, senza preoccuparsi di ciò che potrebbe essere, è incompleta e superficiale, e che sarà sempre così finchè le donne stesse non ci avranno detto tutto quello che hanno da dirci""
Rossi, mancini e omosessuali: le radici di una discriminazione
Articolo di Pietro Pietrini (Sole 18.9.16)
""Cosa condividono rossi di capelli, mancini e omosessuali? Semplice, la devianza. Sì, la devianza da ciò che la statistica considera normale, vale a dire essere percentualmente pochi in un mondo di biondi e castani, di destrimani e di eterosessuali. La storia ci insegna, e la psicologia evoluzionistica ci spiega, che è umana inclinazione guardare con sospetto e diffidenza coloro che sono diversi dai più. E discriminarli. Se per gli antichi Greci le persone con i capelli rossi una volta morte diventavano vampiri, nel Medio Evo erano frutto di rapporti avvenuti mentre la donna era mestruata.
Nell’epoca della caccia alle streghe, molte donne furono arse sul rogo solo perché rosse di capelli. In tempi meno lontani Hitler, patologicamente ossessionato da tutto ciò che potesse intaccare la purezza della razza, aveva bandito le unioni tra rossi di capelli, ree di generare debosciati. Sebbene la rivista Playboy avesse già provveduto a riabilitare le rosse (Redheads are like other women—only more so - Le rosse sono come le altre donne, solo di più), qualche decennio più tardi la scienza - che deve il suo metodo proprio ad un rosso di capelli, Galileo - rivelerà che i rossi, neppure due su cento, sono tali per una mutazione di un gene sul cromosoma 16, comparsa tra 20 e 40 mila anni fa, che sintetizza un tipo diverso di melanina, il pigmento che colora la nostra pelle, i capelli e i peli. Mutazione che, consentendo un maggior assorbimento di raggi ultravioletti, favorisce la produzione di vitamina D negli individui che vivono lontano dall’equatore, dove infatti la percentuale di rossi è di gran lunga maggiore.
Come si crea il nemico in casa
Articolo di Guido Viale (manifesto 10.8.16)
""Dal razzismo nessuno è immune. Lo succhiamo con il latte materno. Lo assorbiamo con l’aria che respiriamo. Lo pratichiamo in forme spesso inconsapevoli. Per liberarcene ci vuole attenzione alle parole che usiamo e agli atti che compiamo. Non essere razzisti non è uno stato “naturale”; è il frutto di una continua autoeducazione. E’ come con la cultura patriarcale, a cui il razzismo è strettamente imparentato e che riguarda, in forme differenti, sia gli uomini che le donne; che ne sono spesso sia vittime che portatrici inconsapevoli. Ma anche il razzismo si manifesta, in forme diverse, sia in chi lo pratica che nelle vittime. Il pensiero postcoloniale ha fatto capire quanto è lunga la strada delle vittime per liberarsi dagli stereotipi dei dominatori. Questo è il “grado zero” del razzismo; che ha poi molti altri modi di manifestarsi.
Il pianista in carcere e i politici ignoranti
Articolo di Riberto Saviano (Espresso 7.8.16) "Fabrizio Pellegrini deve curarsi con la cannabis. L’ha coltivata ed è stato arrestato. E la legge sulla legalizzazione rischia di non passare mai"
""L’Italia ha un problema serio. Molti, dirà chi mi legge, e citarne uno - uno solo! - significa essere un inguaribile ottimista. Eppure il mio non è ottimismo, ma piuttosto un tentativo, estremo, di isolare il problema più grave di tutti, quello che tutto inquina e tutto pregiudica. Ciò che impedisce all’Italia di essere quel Paese progressista e incline al cambiamento che la sua tradizione umanistica e scientifica gli imporrebbe di essere. Il problema del nostro Paese è l’ignoranza che non coincide con un percorso di studi più o meno articolato, ma proprio con la mancanza di volontà di approfondire temi che non si conoscono ma che pure sono di attualità politica e riguardano le vite di un numero sempre crescente di individui. Quante volte avrete sentito dire: «Non ne so abbastanza di maternità surrogata, ma sono contrario»; «Non so esattamente cosa sia la fecondazione eterologa, ma credo che se la natura o Dio non vogliono, sia sbagliato accanirsi per avere un figlio»; «Non conosco il mercato delle droghe, ma sono contrario alla legalizzazione perché dovremmo combattere il consumo e non incentivarlo; «Se i gay vogliono stare insieme non ho niente da obiettare, ma perché debbano sposarsi o adottare questo non lo capisco».