Il proibizionismo antistorico
Articolo di Stefano Anastasia (manifesto 26.7.16)
""Toccata e fuga. Finalmente, a un anno dalla formalizzazione della proposta dell’integruppo per la legalizzazione della cannabis, la Camera ne ha iniziato la discussione. Non è poco, ma potrebbe anche essere tutto: tutto ciò che questa legislatura e questo Parlamento si consentiranno di dire su questa annosa e vitale battaglia di libertà. Non è difficile prevederlo, considerato il clima politico che si respira nella discesa verso le prossime elezioni politiche e considerato il fuoco di fila armato dalle destre e dai settori più conservatori del mondo cattolico. La sola calendarizzazione della proposta di legalizzazione all’ordine del giorno dell’assemblea di Montecitorio ha riattivato l’abituale armamentario proibizionista, condito – come usa – da qualche scienziato pronto a testimoniare i danni irreparabili che la cannabis produce nei cervelli dei più giovani, le morti che essa causa quando sia stata assunta alla guida, ecc. ecc.. Perché, «signora mia che l’ha fumata in gioventù, le canne di oggi non sono più quelle di una volta», e giù a sparare percentuali di principio attivo doppie, triple o quadruple di quelle normalmente sequestrate dalle forze dell’ordine, le quali – evidentemente – continuano a sequestrate quelle degli anni settanta, quando la signora e il tossicologo erano giovani.
Il gioco crudele del Migration compact
Articolo di Guido Viale (manifesto 4.6.16)
""Con la "strepitosa" (come dice lui) proposta del Migration compact - prelevata peraltro di peso da un documento elaborato dallo staff della sua affiliata Federica Mogherini, alto rappresentante per la politica estera dell'Unione europea - Renzi sostiene di aver trovato la soluzione per bloccare il flusso dei profughi provenienti dall'Africa. Si tratta non solo di pagare i governi degli Stati di origine o di transito dei profughi perché li trattengano lì, o ne accettino il rimpatrio, sul modello dell'accordo tra UE e Turchia, ma anche di promuovere sviluppo e occupazione in tutti quei paesi, perché i loro abitanti non abbiano più motivi di emigrare.
La prima cosa che viene da chiedersi è come mai Renzi, che pensa di avere la chiave per creare tanti posti di lavoro in un continente disastrato che conta oltre un miliardo di abitanti non sia riuscito a farlo in un paese che ne conta solo sessanta milioni, pieno di disoccupati e da cui continuano a emigrare almeno centomila persone all'anno, prevalentemente giovani laureati e diplomati.
La lezione di Gobetti sulla destra
Corrado Augias risponde ai lettori (Repubblica 26.5.16)
Lettore
""GENTILE Augias, ho riletto da poco il suo saggio intitolato Il disagio della libertà. Ricordavo le pagine conclusive sulla figura di Piero Gobetti, morto in esilio a Parigi il 15 febbraio 1926 perseguitato dal fascismo. Gobetti è stato uomo politico e scrittore nonché “formidabile organizzatore di cultura” (primo editore degli “Ossi di seppia” di Montale), come poi riconosciuto anche da Gramsci. Nel libro lei sottolinea il suo lucido enunciato sul fascismo: “Autobiografia della nazione”, anziché “parentesi nella storia d’Italia “ come voleva Croce. Quell’enunciato può aiutarci a riconsiderare la discussa ma poderosa ricognizione sul fascismo di Renzo De Felice, a vent’anni dalla scomparsa dello studioso, ma anche il bellissimo film di Ettore Scola “Una giornata particolare” in cui perfetta appare la fusione fra la vicenda “privata” e il tronfio clangore che accompagnò la visita di Hitler il 6 maggio del 1938. Autobiografia della nazione, appunto. Andrea Mariotti, Roma —
Augias
PROPRIO quest’anno abbiamo ricordato (chi ha voluto farlo) i novant’anni dalle morte di un giovane uomo che in venticinque anni di vita (1901-1926) è riuscito a realizzare e a tramandare un enorme patrimonio intellettuale e politico.
I dubbi di Amleto l’uomo che sa ma non sa agire
Articolo di Massimo Recalcati (Repubblica 20.3.16) "La vicenda segna il passaggio dalla tragedia antica che pone il soggetto a confronto con il proprio destino, al dramma della modernità che oppone conoscenza e decisione. Il personaggio shakespiriano è stato studiato da Freud e da Lacan. Entrambi hanno indagato i motivi che lo trattengono dal compiere la sua vendetta per l’omicidio del padre. Il primo li mette in relazione con le sue pulsioni incestuose. Il secondo sposta l’accento sul desiderio della madre"
""Se l’Antigone di Sofocle è il modello più puro e più estremo della forza della decisione — l’eroina tragica preferisce morire piuttosto di cedere sul suo desiderio di dare sepoltura al proprio fratello morto — , l’Amleto di Shakespeare è quello, altrettanto puro ed estremo, della difficoltà ad assumere con la determinazione necessaria del proprio desiderio. Diversamente da Antigone, infatti, Amleto, di fronte al proprio desiderio, tentenna, esita, non riesce, se non alla fine del dramma, a realizzare il suo atto. Conosciamo la sua storia: lo spettro del padre — ucciso nel sonno dal fratello Claudio che, con questo atto spietato, si impossesserà del trono e della sua sposa — ritorna per comunicare la sua orribile verità al figlio Amleto chiedendogli di fare giustizia. Ma il figlio, anziché agire, sprofonda nel dubbio differendo il tempo della decisione che solo alla fine del dramma, in modi rocamboleschi, potrà realizzarsi togliendo la vita a sua madre, all’amico-rivale Laerte, allo zio usurpatore e a se stesso.
Anche i cristiani compravano schiavi
Articolo di Alessandro Barbero (Stampa 21.2.16) "Venivano rapiti da corsari occidentali e turchi furono usati come paggi, concubine, ortolani"
""C’erano schiavi nell’Italia del Rinascimento, nella Spagna del siglo de oro, o nella Francia del Re Sole? C’erano schiave in casa dei mercanti del Boccaccio, nei palazzi dei patrizi veneziani, nelle botteghe di Michelangelo o di Raffaello? Molti, senza dubbio, risponderebbero di no. Semmai, si dirà, c’erano schiavi dall’altra parte del Mediterraneo, nel mondo musulmano: incatenati ai remi sulle galere del sultano, incarcerati nei bagni di Algeri, venduti nei mercati di Damasco o di Marrakesh. Che questa schiavitù diffusa sul versante islamico del mare nostrum fino al XIX secolo, e di cui ci ricordiamo grazie a secoli di martellante propaganda, avesse il suo riscontro sul versante cristiano, è qualcosa che abbiamo dimenticato. Solo da poco gli storici hanno riscoperto la persistenza della schiavitù nel Mediterraneo cristiano; questa sintesi di Salvatore Bono permette di apprezzare, con stupore, la vastità del fenomeno.
Perché la documentazione non lascia dubbi. Nelle città costiere, la guerra permanente fra corsari cristiani e corsari musulmani riversava un flusso ininterrotto di schiavi, da una parte e dall’altra.
Robert L. Spitzer (1932-2015) Ordine nel disordine mentale?
Articolo di Vittorio Lingiardi (Sole 24.1.16) "Definito da «Lancet» il più influente psichiatra del nostro tempo, espunse l’omosessualità dalla lista delle patologie del DSM, di cui fu uno dei fondatori"
""Robert Leopold Spitzer, che The Lancet definisce «the most influential psychiatrist of his time», è morto, un mese fa, a 83 anni. Figlio di Benjamin e Esther Spitzer, un ingegnere e una pianista, cresce nell’Upper West Side di Manhattan. Nel 1953 si laurea in psicologia alla Cornell University e poi nel 1957 in medicina alla New York University. Nel 1966 si diploma al Columbia University Center for Psychoanalytic Training and Research, ma, scettico verso la psicoanalisi, dedicherà la sua vita alla diagnosi psichiatrica. Dare alla psichiatria una lingua franca e una struttura diagnostica basata su standard di ricerca è stata la sua missione. Gran parte dell’impianto e della nomenclatura diagnostici a cui oggi ricorrono gli psichiatri di mezzo mondo è frutto del suo lavoro di responsabile delle task force che diedero vita alla terza edizione del DSM, il Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders dell’American Psychiatric Association (APA). Quella del 1980 che, insieme alla versione revised del 1987, introdusse alcune tra le più significative, ma anche controverse e talora “ingombranti”, categorie diagnostiche.
A un anno dalla strage. Ma Charlie e’ blasfemo?
Articolo di Carlo Melzi d’Eril e Giulio Enea Vigevani (Sole 10.1.16)
""Un anno dopo la strage, la copertina di Charlie Hebdo mostra l’immagine del carnefice: è Dio con il mitra in spalla, che ancora fugge con l’abito insanguinato. Questa è un’immagine blasfema? E, se blasfema, è illecita? Sicuramente aiuta ad avere gli strumenti per deciderlo un bel libro curato da Alberto Melloni, Francesca Cadeddu e Federica Meloni, Blasfemia, diritti e libertà, fresco di stampa per il Mulino. È un confronto tra storici, teologi, filosofi e giuristi sul tema della parola che offende il sacro: si va dall’evoluzione del concetto di blasfemia, al racconto di episodi di vilipendi storici - con qualche esempio in forma di immagine - e di persecuzioni, fino al tentativo di definire i limiti dell’intervento statale nella punizione. Il volume mantiene quel che Melloni promette nell’introduzione, ovvero «fornire […]conoscenze giuridiche, politiche, storiche e teologiche che servano a comprendere e giudicare fatti, atti, ragioni, sfondi - incluso quello ambivalente della “blasfemia”».
Attenzione a parlare in nome della natura
Articolo di Nuccio Ordine (Corriere 3.1.16) "Ancora oggi si contrabbandano come «naturali» posizioni del tutto soggettive"
""Tra gli slogan che caratterizzano i vari «Family day» e il dibattito di questi giorni sulle unioni civili e le adozioni, campeggia anche quello a difesa della cosiddetta «famiglia naturale»: è «naturale» solo la famiglia al servizio della riproduzione, mentre qualsiasi coppia (legata da unioni «sterili») non deve essere considerata socialmente e giuridicamente una famiglia. Anche sul piano delle relazioni, c’è chi ha stabilito che è «naturale» solo l’amore eterosessuale e che, invece, debba essere considerato «contronatura» qualsiasi forma di amore tra esseri dello stesso sesso. Bisogna leggere il prezioso volume intitolato Natura , pubblicato da il Mulino (pp. 244, e 18), per capire quanto sia pericoloso arrogarsi il diritto di parlare in nome della «Natura». Roberto Bondì e Antonello La Vergata — allievi di Paolo Rossi (1923-2012), grande storico della scienza e delle idee, a cui è dedicato il lavoro — hanno avuto il merito di mostrare come i termini «natura» e «naturale», ambigui e sfuggenti, siano stati utilizzati, nel corso dei secoli, nelle accezioni più diverse.
Gender Bender, a Bologna il festival internazionale che “rompe i pregiudizi in maniera elegante
Articolo di Annalisa Dall’Oca (fatto quotidiano online 31.10.15)
“”“L’edizione di quest’anno cade in un momento molto delicato – spiega a FQ Magazine l'assessore regionale alla Cultura emiliano romagnolo, Massimo Mezzetti - in cui si nota una regressione culturale che mina il rispetto per le diversità che da sempre contraddistingue Bologna”. Il calendario di eventi, dal titolo “Senza trucco”, è ricco. Tredici edizioni fa era un piccolo festival di nicchia nato per parlare dei diversi orientamenti sessuali, partendo dalle rappresentazioni del corpo e delle identità di genere. Oggi, invece, è entrato a far parte di Effe, il circuito di kermesse consigliate dall’Europa per il loro straordinario lavoro di promozione culturale. E’ il Gender Bender, il festival internazionale inventato da Daniele Del Pozzo, direttore artistico, e prodotto dal Cassero di Bologna, per raccontare, attraverso il linguaggio dell’arte e della cultura, identità, genere e sessualità. In pratica, per dirla con le parole dell’assessore regionale alla Cultura emiliano romagnolo, Massimo Mezzetti, “per rompere i pregiudizi in maniera elegante e uscire dalle volgari diatribe che caratterizzano, almeno in parte, il dibattito pubblico, attraverso un’offerta di qualità”. Che nello specifico, per quanto riguarda l’edizione 2015 della kermesse, a Bologna dal 31 ottobre all’8 novembre, significa 70 spettacoli dislocati in 16 location del capoluogo emiliano romagnolo e un lungo elenco di ospiti e tributi, tra cui Teresa De Sio, Michela Marzano, Nicla Vassallo e Mariangela Gualtieri, fino al documentario dedicato al timoniere Sulu di Star Trek.
Quel piccolo film che ci insegna ad amare i down
Articolo di Michela Marzano (Repubblica 5.4.15)
""È un video pieno di complicità e di amore quello che Giacomo realizza con il fratello Giovanni, un bimbo di 12 anni con sindrome di down. È un video che commuove e fa ridere. Ma è, soprattutto, un video estremamente coraggioso che fa a pezzi i pregiudizi. E che, in pochi minuti, è capace di ribaltare i ruoli e stravolgere le aspettative. Al punto che, dopo un po’, nessuno spettatore sa più quale dei due fratelli sia quello “normale” e quello “anormale”, quello “sano” e quello “malato”. Certo, all’inizio ci sono ben poche sorprese. Il “diverso” è senz’altro Giovanni. È lui che si inceppa. Lui che risponde a casaccio. Lui che perde il filo e sembra proprio non potercela farcela a superare il colloquio di lavoro messo in scena dal fratello. Non sarà mai assunto, pensiamo tutti. Poi però, pian piano, i ruoli si invertono. Ed è proprio Giovanni ad incantarci, con quell’autenticità e con quella gioia di vivere di cui forse i “normali” non sono più capaci.
Allora perché all’inizio, guardando Giovanni, non possiamo evitare di pensare “poverino” — perché lo pensiamo, lo pensiamo tutti, magari anche solo per pochi istanti? Perché abbiamo spontaneamente la tendenza a valutare la qualità della vita di un bimbo con sindrome di down sulla base di standard che consideriamo oggettivi ma che poi, di oggettivo, hanno ben poco?