Quel fascino indiscreto della sottomissione
Articolo di Mario Baudino (Stampa 8.5.15) LEGGI ANCHE l'articolo di Bernardo Valli (Repubblica 8.5.15) "Lo storico Emmanuel Todd: “In piazza per calpestare Maometto”. Il premier: “Fu per la laicità” "
""Alla fine tutto è andato come si era deciso: il Pen club international ha tenuto il suo galà ed ha consegnato il premio per il coraggio nella libertà di espressione a Charlie Hebdo nelle mani dell’attuale direttore, Gérard Biard, accompagnato da Jean Baptiste Thoret, sopravvissuti alla strage islamista nella redazione del settimanale.
Boycott Pen
La campagna di 150 scrittori di lingua inglese (tra cui Joyce Carol Oates, Peter Karey, Tajye Selasi e molti altri, noti o meno noti, tutti convinti che la libertà di espressione non debba sfociare in forme di dileggio, ad esempio, per le altrui religioni, che vorrebbe dire discriminazione e «islamofobia») non ha avuto i risultati sperati. Il Pen non ha fatto marcia indietro, il boicottaggio non è riuscito. È una buona o una cattiva notizia? Dipende dal punto di vista. Indubbiamente guadagna consensi quello secondo cui davanti alla suscettibilità di culture e religioni (alcune permalosissime) la libertà di espressione si debba di «autoregolare», ponendosi dei limiti ben più stretti di altre libertà democratiche. Ma in uno Stato, appunto, democratico, non dovrebbero bastare le leggi per definire questi limiti?
Tutto in un romanzo
In caso contrario, siamo già in un romanzo di Houellebecq, che val ancora la pena di rileggere, anche se non vincerà molti premi. L’ultimo, naturalmente. Ora e sempre Sottomissione.""
LEGGI ANCHE l'articolo di Bernardo Valli (Repubblica 8.5.15) "Lo storico Emmanuel Todd: “In piazza per calpestare Maometto”. Il premier: “Fu per la laicità” ,
PARIGI ERO convinto di essere stato testimone, come cronista, di un’eccezionale manifestazione democratica. E invece avrei assistito, e in sostanza partecipato, a un’impostura. A una immensa menzogna. Mi riferisco a Place de la République. Là, sulla grande piazza parigina, l’11gennaio, quattro milioni di uomini e donne, non soltanto francesi, espressero solidarietà a Charlie Hebdo , settimanale satirico diventato simbolo della libertà d’ opinione e della laicità. Sulla folla ondeggiavano i ritratti dei suoi giornalisti assassinati durante una riunione di redazione perché il loro settimanale aveva pubblicato caricature di Maometto ed anche quelli dei clienti ebrei di un negozio kosher trucidati alla Porte de Vincennes nelle stesse ore. Neppure quattro mesi dopo, il significato di quella imponente, dignitosa riunione popolare divide la sinistra. Solleva un tumulto d’opinioni. Al punto che il primo ministro, Manuel Valls, ha ritenuto necessario intervenire.
A far esplodere le divergenze è il pamphlet di Emmanuel Todd (Qui est Charlie? Sociologie d’une crise religieuse. Edit. Seuil), apparso appena ieri nelle librerie ma da giorni ampiamente analizzato, criticato, non sempre del tutto ripudiato, su quotidiani, settimanali e schermi televisivi. Classificato a sinistra, benché non appartenga a nessuna delle sue componenti, Emmanuel Todd è uno storico e demografo noto per le polemiche dissacranti. E’ tenuto in quarantena dal mondo universitario ma è uno studioso e un autore rispettato. Suo nonno era Paul Nizan, autore di Aden Arapresa bia, libro con una celebre prefazione di Jean-Paul Sartre, suo padre è un grande giornalista, Olivier Todd, e Claude Lévi-Strauss era un cugino. Ascendenti colti e famosi, tra i quali qualche rabbino e molti atei dichiarati.
Di solito Emmanuel Todd se la prende con la sinistra, l’unica che per lui, uomo di sinistra, pare meriti di essere interpellata e di petto. Capita che, paradossalmente, le sue formule servano però alla destra. Nel ’95, Jacques Chirac, allora campione del centrodestra, si appropriò dell’espressione “frattura sociale” e del programma aggregato ideati da Todd. Li usò per dare toni di sinistra alla sua campagna elettorale e gli andò bene perché diventò presidente della Repubblica e poi fautore, com’era logico, di una politica contraria, adeguata a un leader di destra. La carriera politica del primo ministro socialista Lionel Jospin, il vero candidato di sinistra, che aveva trascurato la “frattura sociale “di Todd, finì in quell’occasione. Basandosi sulla sua specialità, Todd si è affidato alle carte e alle statistiche ed è arrivato alla conclusione che, al di là dei buoni sentimenti esibiti, il significato profondo di quella che è considerata la più importante manifestazione della storia moderna di Francia è appunto un’impostura, meglio un episodio (per citare Marx) di “falsa coscienza”. Quel che Todd ha visto sono milioni di sonnambuli accodati dietro un presidente, François Hollande, scortato dall’oligarchia mondiale, per difendere il diritto inalienabile di calpestare Maometto, «personaggio centrale di un gruppo debole e discriminato». Per lui è stata un’immensa menzogna di unanimismo, perché quel giorno il popolo non era Charlie, non erano i giovani delle periferie, musulmani o no, non erano neppure gli operai della provincia. I quali in sostanza non c’erano. Né gli uni né gli altri.
Richiamandosi agli studi di Durkheim sul suicidio , e a quelli di Max Weber, Emmanuel Todd si propone col suo libro di far capire alla gente i valori profondi che la fanno agire e che non sono sempre quelli che immagina. Lui si basa sulla teoria delle “due France”. Da una parte c’è la vecchia Francia laica e repubblicana. In particolare il Bacino parigino e la facciata mediterranea. La Francia che ha fatto la rivoluzione. Dall’altra parte c’è la Francia periferica: l’Ovest, una parte del Massiccio centrale, la regione Rodano-Alpi, la Lorena, la Franca contea. Tutte regioni che hanno resistito alla rivoluzione e che sino alla fine della Seconda guerra mondiale hanno conservato un forte impronta cattolica. Quando si entra nelle strutture familiari di queste zone, sostiene Todd, si nota un’assenza dei valori d’uguaglianza, ad esempio tra fratelli e sorelle riguardanti l’eredità.
Ad ispirare diffidenza nello storico-demografo è stata la forte mobilitazione della Francia tradizionale. L’11 gennaio è stata il doppio di quella della Francia rivoluzionaria. Lo affermano, dati alla mano, gli istituti di statistica. Le regioni periferiche, storicamente antirepubblicane, hanno manifestato più di quelle atee e rivoluzionarie. Insomma, secondo Todd, i bastioni ex cattolici si sono espressi in favore della bestemmia. La manifestazione ha illuminato la vera natura del sistema sociale e politico francese. Vale a dire una Repubblica che, per lui, non integra tutta la popolazione, ma che comprende a pieno titolo e diritto quella educata con studi superiori, le classi medie e la gente anziana. E trascura la parte debole della società. Debole anche religiosamente.
Manuel Valls reagisce con un articolo su Le Monde al libro di Emmanuel Todd. Nega anzitutto che la dimostrazione dell’11 gennaio sia stato un attacco all’Islam. “Calpestare Maometto?” Nessuno lo voleva. La manifestazione era per la tolleranza e per la laicità. È stato un grido lanciato contro il jihadismo che aveva appena assassinato dei cittadini francesi. Richiamandosi abusivamente a una fede. Se molti cittadini si sono tenuti quel giorno in disparte, non hanno ritenuto opportuno unirsi ai quattro milioni di Place de la République, è un fatto che naturalmente suscita interrogativi nei politici e nel governo. Ma questo non basta per denigrare un grande avvenimento popolare, una reazione sana di larga parte del paese. Se non tutto era perfetto non bisogna abbandonarsi all’autoflagellazione. Manuel Valls esclude che un’analisi, sia pure lucida, possa rendere meno nobile l’azione repubblicana dell’11 gennaio. E riesca a dissacrarla.""
Quel sentimento di liberta’ che nasce dal silenzio e dalla bellezza
Recensione di Vito Mancuso al libro "Liberi servi", di Gustavo Zagrebelsky, Einaudi, pagg. 298, euro 30 (Repubblica 4.5.15): "Dalla Leggenda del Grande Inquisitore ai rischi che corrono le moderne democrazie. "
""La Leggenda del Grande Inquisitore di Fëdor Dostoevskij è ambientata a Siviglia all’indomani di un immenso rogo con più di cento eretici bruciati. Il Cristo è tornato sulla terra ed è riconosciuto dalla folla festante, ma viene fatto prontamente arrestare dal cardinale Grande Inquisitore, il quale poi in piena notte si reca da lui e gli rivolge un lungo discorso per sostenere il merito della correzione della sua opera da parte del potere ecclesiastico al fine di renderla veramente adeguata al governo degli uomini, perché questi, contrariamente a quanto riteneva Cristo, non vogliono essere liberi ma anelano a trovare al più presto qualcuno cui consegnare il dono insidioso della libertà. Dice l’Inquisitore al Cristo: «Abbiamo corretto la tua opera fondandola sul miracolo, sul mistero e sull’autorità».
Ma ha ragione l’Inquisitore a sostenere che gli uomini non vogliono essere liberi oppure la sua tesi è un ennesimo inganno del potere per giustificare se stesso? Gli uomini vogliono o non vogliono essere liberi? E se lo vogliono, perché c’è il potere? E se non lo vogliono, perché l’ideale della libertà ha tanto fascino su di loro?
I cinque martiri dimenticati del Risorgimento di Gerace
Articolo di Mimmo Gangemi (Stampa 29.4.15) "I giovani carbonari che guidarono la rivolta contro i Borbone furono fucilati il 2 ottobre 1847 e gettati in una fossa comune"
""L’agonia della morte continua a inquietare la notte. Lacera improvvisa il silenzio. E intasa il cielo di urla strazianti e di gemiti dolorosi. Si sollevano dalla Fossa della Lupa e si lasciano condurre dalle folate del vento lungo le viuzze di Gerace. Passano davanti al Castello, prendono velocità nella discesa fino alla Cattedrale normanna, giungono in piazza del Tocco. E poi al Convento dei Cappuccini, nel cui piazzale si consumarono le vite. Lì, una sosta, il tempo di confondere tra i rumori del mondo la scarica dei quaranta colpi di fucileria e le grida inneggianti a Pio IX, alla Costituzione e a un’Italia ancora da costruire una e sola e che già colava sangue. Quindi, di nuovo indietro ad accucciarsi nel fosso.
Servitu’ volontaria
""Decidetevi a non servire più, ed eccovi liberi""
Étienne De La Boétie "Discorso della servitù volontaria"
E’ l’informazione, bellezza
Articolo di Alberto Burgio "Il mantra mediatico delle riforme" ( Manifesto 26.6.14)
""«Come mai non c’è una voce dissontante tra i grandi media che plaudono a Renzi? La crisi ha avviato una torsione oligarchica che si riflette nel sistema dell’informazione.deplorevole stato dell’informazione politica, tra le principali concause del disastro italiano». Il manifesto, 26 giugno 2014
Non credo di essere il solo a provare nausea per l’ossessivo martellamento sulle «riforme». Un incubo. In passato abbiamo denunciato l’abuso di questo nobile lemma del lessico politico, e l’ironia che ne ribaltava il senso. Sullo sfondo della globalizzazione neoliberista, «riforme» erano i colpi inferti alle conquiste sociali e operaie, dalle pensioni alle tutele del lavoro, al carattere pubblico di sanità, scuola e università. Non avevamo ancora visto nulla. Non avevamo immaginato che cosa sarebbe stato il mantra delle riforme al tempo del renzismo trionfante. Non c’è giornale né telegiornale che non gli dedichi il posto d’onore. E che fior di riforme! Da settimane tengono banco quelle del pubblico impiego e del Senato: la precarizzazione del primo e il ridimensionamento del secondo, trasformato in una docile Camera degli amministratori.
Revelli “L’Italia servile del coro per Renzi”
Intervista di Carlo Di Foggia al sociologa Marco Revelli (Fatto Quotidiano 8.3.14)
""È stato orribile, il segno della tendenza carsica di questo Paese a forme di servilismo volontario”. Esibizione di sé e cortigianeria. La scena littoria del neo premier accolto nella scuola di Siracusa da una schiera di bambini allineati che intonano un coro, con le maestre a dettare il tempo, ha il sapore di un ritorno al passato, al ventennio berlusconiano, se non peggio. Lo ha spiegato due giorni fa Carlo Freccero, lo ripete anche Marco Revelli, torinese, storico e sociologo della politica: “Berlusconi ci ha abituato a tutto, soprattutto alla rappresentazione ipertrofica di sé come momento unificante con il popolo. Qui c’è anche un elemento peggiorativo nello stile.