L’accoglienza è la nuova frontiera
Articolo di Guido Viale (manifesto 24.8.16) "«L’Europa ha bisogno di braccia e personale qualificato, ma soprattutto ha bisogno di persone portatrici di culture differenti, meno impregnate di individualismo, di diffidenza e di rivalità, più attente ai legami di solidarietà»."
""La globalizzazione non è solo circolazione di capitali, merci e informazioni. Oltre al suo risvolto esterno, internazionale, la globalizzazione ne ha uno interno, locale e personale. È il primato incondizionato della competitività, il totem di governi, finanza, manager, economisti. Ma non è concorrenza tra operatori su un piede di parità, bensì sopraffazione del più debole, colpevolizzazione del soccombente, emarginazione di chi “non ce la fa”. Prove? La Libia, una volta liberata, se mai lo sarà, venderà il suo petrolio al miglior offerente o a chi sta accaparrandosi il controllo dei suoi pozzi? E un lavoratore senza tutele né contratto può negoziare con il suo datore di lavoro su un piede di parità, quando uno può assumerlo e licenziarlo quando vuole e l’altro non può fare né una cosa né l’altra? Questo predominio dei rapporti di forza viene mascherato dall’ideologia neoliberista del mercato e dall’esaltazione del merito. Ma chi giudica del merito altrui? Questa situazione viene percepita come un regime di generale insicurezza che spinge le persone a ripiegarsi su se stesse; a rifugiarsi in un’identità, nazionale, culturale o comunitaria fittizia; come le “radici celtiche” ai tempi di Bossi, quelle “giudaico-cristiane” di Giuliano Ferrara (ma, ovviamente, non solo sue), quelle “british” riemerse nel Regno unito, o il primatismo bianco dei sostenitori di Trump. Di fatto, spinge sulla strada di un crescente razzismo, dapprima inconsapevole, poi sempre più esplicito, da cui è difficile tornare indietro.
Quando muoio ti lascio i soldi, anche se non ti conosco. La nuova moda del testamento solidale
Articolo di Francesco Olivo (Stampa 2.8.16)
""Si chiama Luis Carlos de Noronha Cabral de Camar ed è il patrono di una nuova categoria di santi. Portoghese poco noto, ma ricchissimo, prima di morire prese carta e penna e scrisse 70 nomi ai quali lasciare dei soldi. Il criterio di selezione lasciò tutti esterrefatti, non erano né parenti, né amici. Tanto che quando il notaio cominciò a contattarli pensarono a uno scherzo: nessuno aveva mai sentito parlare di quel signore. Soluzione dell’enigma: Luis Carlos aveva scelto i fortunati sfogliando l’elenco del telefono.
Quella portoghese è una vicenda limite, persino paradossale, più aneddoto che paradigma, ma la notizia è che anche in Italia sono in grande crescita i cosiddetti testamenti solidali, ovvero dei lasciti non diretti a familiari. Le statistiche parlano chiaro: negli ultimi dieci anni, nonostante la crisi, l’aumento è stato del 15 per cento per un totale stimato di un milione e mezzo di italiani. Un tempo patrimonio quasi esclusivo delle istituzioni religiose, le opere filantropiche (post mortem) stanno diventando una bella moda «che non danneggia i parenti» tiene a precisare il Consiglio del Notariato, che segue con attenzione il fenomeno. Se gli over 55 cominciano a sfruttare queste opportunità, il 60% dei giovani si dice «curioso» (sondaggio Doxa).
Ieri ha perso l’egoismo
Articolo di Massimo Gramellini (Stampa 13.7.16)
""Quale sarà la vera Italia? L’Italia che nel secolo dell’alta velocità boccheggia ancora sopra un binario unico, oppure quella che di slancio si mette in coda nelle corsie d’ospedale per donare il proprio sangue ai feriti? Il guaio è che sono vere tutte e due. Lo sono sempre state, in guerra e in pace, tra le scintille della tragedia e nella prosa della quotidianità. La prima Italia, così ripetitiva e immutabile nei suoi vizi, ogni volta ci sgomenta al punto da farci dimenticare l’esistenza dell’altra, sentimentale o semplicemente viva, che invece sopravvive intatta tra le pieghe del cinismo disseminato a piene mani spesso dai ceti più colti.
La gratitudine verso gli altri ci fa stare meglio (perche’ funziona come l’amore)
Articolo di Edoardo Boncinelli (Corriere 5.1.16) "Giustizia e adeguatezza Nel provarla percepiamo anche una sensazione di giustizia rispettata: giustizia è adeguatezza e questa è il metro della nostra vita"
""Quando qualcuno ci fa una cosa gradita, meglio se inaspettata, proviamo un senso di gratitudine che può durare un istante o gran parte della nostra vita. Non è detto che tutti la manifestino, perché altre cose vi si oppongono — si dice anzi di frequente che «la gratitudine non è di questo mondo» — ma certo quasi tutti nel loro intimo la provano. E pare che questo ci faccia bene, come la gran parte dei sentimenti positivi, o come quella strana cosa di cui molti parlano, soprattutto nel mondo anglosassone, e alla quale danno il nome di «pensare positivo». Che i sentimenti e gli stati d’animo positivi ci facciano bene dal punto di vista psicologico, è anche troppo ovvio. Il motivo per il quale sono definiti positivi è proprio questo. Ci fanno sentire bene, per minuti o per ore, e ci procurano una sensazione che alcuni definiscono «stare bene con se stessi», che è poi il massimo a cui possiamo aspirare nella vita e per cui viviamo.
“Non e’ stato un incidente”
Intervista a Gabriele Eminente, direttore Medici Senza Frontiere (MSF) di Emanuele Giordana (manifesto 4.10.15)
p""«Danni collaterali? Inaccettabile, semplicemente inaccettabile. Incidente? Non è stato un incidente: l’ospedale è stato colpito ripetutamente per più di un’ora». Non è una reazione rabbiosa quella di Gabriele Eminente, direttore generale di Msf Italia. Al telefono da Ferrara. dove partecipa con la sua organizzazione al Festival di Internazionale, risponde con una freddezza e un distacco che non lasciano spazio a commenti o arzigogoli. Msf ha iniziato a lavorare in Afghanistan nel 1980 e lo fa a Kunduz, Kabul, Lashkar Gah, Khost; riceve esclusivamente fondi privati e non accetta finanziamenti dai governi. Ci tiene ai principi «E c’è un principio umanitario chiarissimo e condiviso per cui non solo le strutture sanitarie non dovrebbero essere oggetto di attacco ma anzi andrebbero protette».
Anche se ci sono dei feriti dalla parte del torto?
Noi non facciamo distinzioni, non le abbiamo mai fatte. Chiunque ha bisogno di cure viene curato
L’ospedale adesso è distrutto.
Lasciamo sola l’Ungheria
Articolo di Pino Corrias (Fatto 25.9.15)
""E se fossimo noi a voltare le spalle all’Ungheria? Noi ceto medio viaggiante con biglietti vidimati, titolari di indirizzi autentici, di carte di credito ancora buone e di vite non del tutto a debito. Noi a rifiutarci di oltrepassare i confini della bella e triste Ungheria che da molti mesi guida il fronte del rifiuto della Est Europa, arma i presidi di Horgos e il valico di Roske, innalza l’indecente spettacolo del muro. Lo moltiplica (da ieri) lungo il confine con la Croazia, all’altezza di Gole. Ne fa una formidabile arma offensiva camuffandola da scudo che difende.
Essere noi a imporci per libera scelta di non oltrepassare quei confini fino a quando saranno preclusi in quel modo al passaggio dei migranti che fuggono da guerre, quasi tutte di nostra lungimirante fabbricazione. Opponendo al filo spinato srotolato dal signor Viktor Orbán lungo il perimetro della sua propaganda, il nostro filo, tessuto con una certa affilata fermezza. Anche solo per segnalarci indisponibili ad assecondare quella onda crescente di populismo e frustrazione che in questi anni di crisi economica lo ha incoronato leader di un regime nazionalista, di una società spaventata che ora pretende di chiudersi al mondo che si apre. Farlo per dignità o anche solo buon gusto. Rinunciando – a nome dei migranti respinti con i lacrimogeni, i gas urticanti, i manganelli, i cannoni ad acqua – alla concava Budapest, perla del Danubio, ai suoi caffè ancien régime, al suo castello di incanti,ai suoi ponti di pregevole e multiculturale fattura, alle sue acque termali che scorrendo da gran tempo sanno di quante migrazioni sia frutto quella terra, dai mongoli agli ottomani, agli austriaci dell’impero che l’hanno fatta grande di storia, musica, architetture e poi piegata con il ferro dei carri sovietici nel dopo Yalta.
Europa e migranti. La miseria morale della dirigenza neoliberista
Articolo di Pietro Bevilacqua (manifesto 10.9.15)
""Quando la globalizzazione cessa di presentarsi sotto forma di merci e di capitali, e assume l’aspetto di umani individui, addirittura di popoli in fuga, allora il pensiero unico neoliberale precipita in confusione. La libertà della sua assordante retorica riguarda i soldi e le cose, non gli uomini. Per le persone, la libertà di transito non può essere uguale a quella delle merci. È faccenda più complicata. E dunque la coerenza teorica viene abbandonata e si passa all’uso delle mani. Di fronte al fenomeno migratorio il ceto politico europeo, salvo rare eccezioni, è caduto negli ultimi mesi assai al di sotto dell’intelligenza normale delle cose, della capacità di cogliere non tanto la sovrastante e incontrastabile potenza di un processo storico. In questo la miseria morale del suo atteggiamento, che ha assunto la faccia truce dell’intransigenza contro i derelitti del mondo, col tempo resterà incancellabile più per il lato ridicolo che per la ferocia. Leader e uomini di governo ci sono apparsi nell’atto di voler svuotare l’oceano con il cucchiaino. Ma segno ancor più rilevante di una mediocrità politica senza precedenti è l’incapacità di rappresentare gli interessi di lungo periodo dei rispettivi capitalismi nazionali, di cui sono i solerti servitori.
L’Europa senza idee che erige i suoi muri
Articolo Furio Colombo (Fatto 23.8.15)
""Ci sono due Europe. Una, quella del grande sogno di Spinelli, Colorni e Rossi (di cui ormai ci parlano con grande nostalgia, soltanto i Radicali),quella della grande politica di Adenauer, Schumann e De Gasperi, quella del lavoro incompiuto di Delors e Prodi, che non è mai nata. L’altra, quella che esiste, è un ufficio patenti. Rilascia certificati a fronte delle missioni compiute. E le missioni compiute sono ciò che è richiesto sul momento in base a un regolamento, non per il bene comune. Se per un incrocio di circostanze, l’applicazione delle regole risulta crudele per un popolo e impossibile per un Paese membro, non importa a nessuno. Se un Paese membro, come la Grecia, usa l’espediente di tornare continuamente alle urne per provare che ha ancora sovranità, nonostante le prove impossibili di ubbidienza alle regole, è una questione di politica interna .
Quell’esodo senza fine che travolge i confini d’Europa
Articolo di Adriano Sofri (Repubblica 23.8.15)
""«Nel momento in cui i piazzisti politici europei hanno deciso, più o meno all’unisono, di fare la voce grossissima contro i migranti, decretando che la misura è colma, “e ora basta!”, ci si accorge, in un solo sabato, che la misura non fa che crescere, e che tutti i record sono destinati a essere aggiornati di ora in ora». La Repubblica, 23 agosto 2015 Gli annegati nel Mare Nostro sono già più di 2.300, in nemmeno 8 mesi. Gli arrivati, più di 255mila – Un bellissimo sabato d’estate al mare, pieno di barche. Il numero cresce di ora in ora: mentre scrivo sono 23, fra barconi e gommoni, e circa 3mila esseri umani, ad aver chiesto aiuto, e una dozzina i bastimenti, fra navi della Guardia Costiera e della Marina italiana e norvegese, motovedette, imbarcazioni della Guardia di Finanza e di associazioni di buona volontà, e qualche volonteroso mezzo di diporto, ad aver risposto.
Monsignor Galantino: «Oggi la politica e’ solo un puzzle di ambizioni»
Articolo di Ernesto Milanesi (Manifesto 19.8.15) "Cei. Il testo dell’intervento al convegno sulla figura di De Gasperi sulla scia della recente intervista rilasciata a «Famiglia cristiana"."
"Monsignor Nunzio Galantino, segretario generale della Conferenza episcopale italiana, non fa un passo indietro. Anzi. Dopo le polemiche (con Lega e governo Renzi) sui migranti, ha solo evitato di presenziare fisicamente al convegno di Pieve Tesino. Ma l’intervento scritto è durissimo, soprattutto se si legge in controluce il paragone fra il primo presidente del consiglio dell’Italia uscita dalla guerra e l’attuale scenario «democratico» della supposta nuova Repubblica. Galantino evidenzia come la politica di De Gasperi leader della Dc «non è quella che siamo stati abituati a vedere oggi, vale a dire un puzzle di ambizioni personali all’interno di un piccolo harem di cooptati e di furbi». E ancora un passaggio esplicito che rende la misura fra statisti di caratura insindacabile e governanti della quotidianità mediatica: «I veri politici segnano la storia ed è con la storia che vanno giudicati, perché solo da quella prospettiva che non è mai comoda, si possono percepire grandezze e miserie dell’umanità».