La nuova tempesta sara’ religiosa
Articolo di Furio Colombo (Fatto 2.6.19)
“”Il gesto volgare del ministro Salvini che agita il rosario e invoca la Madonna, usa cioè simboli estremi del cattolicesimo per ricattare i credenti e ottenere voti, ha aperto un nuovo varco alla politica del distruggere per governare. Dopo avere spaccato con impegno e furore il reticolato di solidarismo italiano che, anche al colmo del fascismo, non si era mai veramente interrotto, si è dedicato a ripulire il Paese da ogni frammento di cultura e di storia, in modo da imporre la nuova autorità a un livello sempre più basso o sempre più spaventato. È stato inventato un popolo del “dopo” (dopo la raccolta di voti della Lega) che ha il compito di togliere di mezzo il popolo del “prima”, compreso il tuo insegnante e chiunque si porta addosso tracce di cultura e riferimenti alla storia.
Aborto legale. L’Argentina ci riprova
Articolo di Gianluigi Gurgigno Ariadna Dacil Lanza (manifesto 30.5.19, traduzione di Gianluigi Gurgigno) “Diritti delle donne. Una marea verde, dal colore dei fazzoletti simbolo del movimento femminista, accompagna la proposta di legge (l'ottava in 14 anni) per l'interruzione volontaria di gravidanza fino davanti al Congresso. La deputata Victoria Donda Pérez, prima firmataria, al manifesto: «La destra vuole la staticità dei ruoli tradizionali in cui noi donne restiamo riproduttrici di forza lavoro. Una legge ci può liberare”
“”BUENOS AIRES Lungi dall’essere una mera pratica burocratica, l’ottava presentazione in 14 anni del progetto di legge per legalizzare l’aborto in Argentina è stata accompagnata in tutto il paese da una marea verde che nella capitale ha inondato le vicinanze e l’interno del Congresso nazionale.
LA «CAMPAGNA NAZIONALE per il diritto all’aborto legale, sicuro e gratuito», attraverso alcune deputate, ha riproposto il progetto che sostiene sin dalle sue origini, nonostante la composizione del parlamento non sia cambiata dall’anno passato, quando il no del Senato bloccò la legge. Stesso testo e stessa composizione parlamentare, dunque, ma con la vigenza del progetto estesa fino al prossimo anno, quando i seggi saranno già occupati dai deputati e dai senatori eletti nelle elezioni del prossimo ottobre.
Ninas no madres, in Argentina bimbe di 11 e 12 anni costrette a partorire dopo lo stupro. La campagna per diritto all’aborto
Articolo di Adele Lapertosa (Fatto 13.3.19) “In tutti e due i casi i feti, fatti nascere con meno di 6 mesi di gestazione, so-no morti pochi giorni dopo il cesareo. Vicende che tornano a far discutere gli argentini dopo che l'anno scorso non era passato il progetto di legge che legalizzava l'interruzione volontaria di gravidanza in tutti i casi, e che dallo scorso 8 marzo è diventato oggetto della nuova campagna
“”Si può essere ‘obbligate’ a essere madri a 11, 12 anni per tutelare a tutti i costi la vita che si porta in grembo o è solo una violenza? E’ questa la domanda che agita la società argentina, dopo i casi di due bambine di questa età, entrambe rimaste incinta dopo uno stupro, e costrette dalle autorità sanitarie a partorire con il cesareo, negandole il diritto all’aborto, che avevano chiesto, con l’autorizzazione materna, secondo quanto prevede la legge del Paese, che lo consente nell’ipotesi di abuso sessuale o pericolo di vita per la madre. In tutti e due i casi i feti, fatti nascere con meno di 6 mesi di gestazione, sono morti pochi giorni dopo il parto. Vicende che tornano a far discutere gli argentini dopo che l’anno scorso non era passato il progetto di legge che legalizzava l’interruzione volontaria di gravidanza in tutti i casi, e che dallo scorso 8 marzo è diventato oggetto della nuova campagna a difesa dei diritti della donne #niñasnomadres (cioè #bambinenonmadri). I due episodi molto simili, si sono verificati a gennaio e febbraio in due province del nord argentino, Tucumàn e Jujuy, e in entrambi i casi le autorità e i medici hanno negato l’aborto sostenendo che era più sicuro il parto cesareo per lo stato troppo avanzato della gravidanza. Gli organismi a difesa dei diritti hanno denunciato lo Stato, e i dirigenti dell’ospedale Eva Peron di Tucuman sia all’Onu, all’Organizzazione degli stati americani che in sede penale, insieme alla ministra della Salute della provincia, Rossana Chahla, per inadempimento del protocollo di Interruzione legale di gravidanza e per aver forzato una bambina a proseguire la gravidanza contro la propria volontà.
Consiglio d’Europa: in Italia disparita’ per accesso all’aborto
Da Repubblica online 24.1.19
"Nonostante la situazione sembri migliorata, permangono considerevoli disparità d'accesso all'interruzione di gravidanza a livello locale" e "l'Italia non ha dato informazioni sulle misure prese per prevenire atti di molestia morale contro i medici non obiettori di coscienza". Lo scrive il Comitato per i diritti sociali del Consiglio d'Europa pronunciandosi su quanto fatto dall'Italia per rimediare alle violazioni della Carta sociale europea, riscontrate nel 2016, dopo il ricorso collettivo della Cgil sull'applicazione della legge 194.
Lo scontro sulla 194
Articolo di Paolo Berizzi (Repubblica 23.11.17) “Neofascisti e ultrà cattolici in piazza contro le donne il patto che agita Verona. Domani il convegno di Forza Nuova con gli estremisti europei poi il corteo. Appello di Anpi, “ Non una di meno” e sinistra: “ Non rimaniamo indifferenti” “Non molestarmi” è uno speciale del Visual Lab: testimonianze, storie e una guida pensata per le giovani donne contro le molestie. Online da oggi su Repubblica.it.
“”Verona. Verona contesa sulla 194. Quarant’anni dopo. Da una parte l’associazione femminista “ Non una di meno”, la sinistra e la galassia delle sigle antirazziste. Dall’altra uno schieramento che va dal sindaco Federico Sboarina alla Lega, dai fascisti di Forza Nuova alle associazioni cattoliche e ai farmacisti. Questi ultimi, notizia di ieri, si sono appena schierati: Federfarma è entrata a gamba tesa contro l’iniziativa di “Nudm” che ha distribuito davanti alle scuole e alla stazione alcune bustine contenenti pasticche di zucchero e un foglietto informativo sui contraccettivi e sul casus belli, la legge 194 «che in Italia — è scritto sulla pagina Fb dell’associazione — consente alle donne di non morire di aborto».
L’obiezione di coscienza e’ una piaga che non si estirpa.
Articolo di Elisabetta Canitano (manifesto 23.11.18) “ Domani in piazza si chiederà una sanità laica che abbia al centro la salute delle donne”
“”La giornata di domani contro la violenza sulle donne deve essere motivo per una riflessione sull’obiezione di coscienza. L’obiezione di coscienza nasce nel 1978 nella legge per quei ginecologi che si siano specializzati non prevedendo che l ’aborto sarebbe stato fra i loro compiti. Allora il Vaticano invitò il personale che lavorava nei presidi ospedalieri a obiettare in blocco, elettricisti e cuochi compresi. Questo tentativo di rendere inapplicabile la legge ha camminato nel nostro paese non solo e non tanto sul tentativo di impedire la libera scelta delle donne nel primo trimestre. Si trova sempre una ginecologa che applica la legge.
“Aborto spontaneo, non ti curo” licenziato il medico obiettore
Articolo di Giuseppe Del Bello (Repubblica 22.11.18) “Napoli, rifiutato l’intervento d’urgenza in ospedale. La donna aveva rischiato di morire”
“”Napoli Medico obiettore licenziato dalla Asl. In tronco, per omissione di assistenza. A rischiare la vita è stata una donna incinta, alla 18esima settimana di gravidanza. Il camice bianco è uno specialista ginecologo, così contrario all’interruzione volontaria di gravidanza da spingersi fino al rifiuto di prestare soccorso a una paziente in gravi condizioni. È accaduto a Giugliano in Campania, nel popoloso hinterland partenopeo. Sono le 2,45 della notte tra il 30 giugno e il primo luglio scorsi, quando Maria (nome di fantasia) approda al pronto soccorso dell’ospedale San Giuliano. Di turno di guardia per il reparto di Ostetricia e Ginecologia c’è il dottor G. D. C. La donna sta male, lo capiscono subito l’infermiera e l’ostetrica che la accolgono. Chiamano il medico, lo avvertono della paziente appena arrivata, lui fa spallucce. Ricorda a entrambe di essere obiettore e quindi di non poter intervenire. A nulla valgono le insistenze di chi gli rappresenta urgenza e gravità della situazione. Si gioca tutto sul filo dei minuti.
No al ddl Pillon. Da Bolzano a Lecce la protesta femminista nelle piazze
Articolo di Shendi Veli (manifesto 11.11.18) “Diritti. La piazza romana preceduta dal flash mob di Non Una di Meno in Campidoglio. «Ci volete ancelle ci avrete ribelli» come nella celebre serie tv in cui le donne ridotte a macchine da riproduzione si alleano nella rivolta””
“”È un messaggio chiaro quello emerso ieri da oltre 60 piazze italiane. Da Bolzano a Lecce, passando per Roma, Milano, Napoli, ma anche in tanti piccoli centri, come Imperia, Viareggio, Brindisi, Orvieto. Il ddl Pillon incontra l”opposizione non solo degli spazi femministi, ma di un ampio fronte di soggetti politici e sociali. La giornata, convocata dalla rete dei centri anti-violenza D.i.Re, era stata preceduta da una petizione online che ha già superato le 100.000 firme. L’obiettivo condiviso è il ritiro immediato del disegno di legge 735 che si trova attualmente in commissione Giustizia del Senato. La proposta, tra le altre cose, introduce l’affido condiviso ed elimina l’assegno di mantenimento per come è stato fin ora contemplato.
LA GIORNATA DI MOBILITAZIONE è iniziata da Roma. Sono le dieci di mattina quando nei pressi del Colosseo una lunga fila di donne, vestite di rosso, cammina silenziosa suscitando la curiosità dei passanti. «Portiamo la tunica rossa e la cuffia bianca simbolo del potere politico, clericale ed economico che tenta di allungare le mani sulle nostre vite, i nostri corpi e le nostre scelte.
Una vergogna chiamata Pillon
Articolo di Stefania Pellegrini, Professoressa Associata in Sociologia del diritto, Università di Bologna (espresso 10.10.18) "Il disegno di legge sull’affido dei figli si accanisce sui più deboli: i bambini e le donne. Riservando privilegi ai benestanti"
Una vergogna chiamata Pillon Risulta piuttosto bizzarro trovare citata nella relazione illustrativa del disegno di legge Pillon una frase di Arturo Carlo Jemolo in cui la famiglia viene definitiva come «un’isola che il diritto può solo lambire», quando tutto il disegno di legge è improntato su di una regolamentazione rigida e standardizzata di uno dei momenti più delicati della vita familiare come quella della fine del rapporto coniugale. I 24 articoli del testo sono un crescendo di imposizioni indirizzate a limitare la libertà decisionale degli ex coniugi rispetto a quanto riguarda la gestione dei propri figli, relegati a una posizione passiva e declassati nella tutela dei loro diritti che il legislatore del 1975 aveva posto al centro della normativa della famiglia definita per appunto puerocentrica. Benché il testo sia stato presentato come un intervento finalizzato a esaltare il concetto della co-genitorialità in una prospettiva paritaria nei tempi e nelle modalità di accudimento dei figli, all’atto pratico si rivela uno strumento eversivo dei principi che hanno guidato il legislatore e in netta contraddizione rispetto a quanto affermato dagli studi più accreditati sul trattamento del conflitto familiare. La gestione della separazione coniugale viene delegata a soggetti terzi senza alcuna valutazione rispetto alla peculiarità che ogni vicenda mostra. Non si riconosce dignità a una delle esperienze più dolorose e traumatiche, in cui ciascuno scopre nell’altro un altro uomo e un’altra donna. Tutto questo provoca un dolore radicale. La separazione è accompagnata da una molteplicità di emozioni che vengono raramente compresi dall’ambiente familiare, dove rischiano di sfociare in rabbia, cattiveria e altri atteggiamenti distruttivi a discapito in primo luogo dei figli.
Il boicottaggio dei medici all’aborto con la pillola
Articolo di Michele Bocci (Repubblica 12.10.18) "Ru486 mai usata in decine di ospedali. “I ginecologi scelgono la chirurgia perché più semplice”"
""Dallo zero al 40, 60, 80 per cento nell’arco di poche decine di chilometri. Da una ginecologia in cui la pillola abortiva non viene nemmeno presa in considerazione a un’altra dove l’interruzione di gravidanza farmacologica supera di gran lunga quella chirurgica. La schizofrenia sanitaria del nostro Paese raggiunge livelli altissimi quando si tratta della Ru486, il farmaco più osteggiato d’Italia nel primo decennio del 2000. Oggi è entrato nella pratica clinica quotidiana di una parte degli ospedali, mentre in un’altra resta del tutto inutilizzato, soprattutto per volontà dei ginecologi.
A leggere i dati emerge chiaramente che non possono essere motivi clinici a spingere così tanti reparti a non prescrivere, o prescrivere, pochissimo la Ru486. La sua sicurezza ed efficacia, infatti, sono attestate proprio da quello che succede nelle molte unità operative che somministrano il medicinale senza problemi a centinaia di donne da quasi dieci anni.