La concorrenza globale che sconfigge i libertini
Articolo di Maurizio Ferraris (Repubblica 9.3.15)
""I miei nonni, sebbene vissuti nella belle époque, ma probabilmente sprovvisti dei mezzi finanziari per goderne appieno, potevano deplorare la decadenza dei costumi nelle generazioni successive. E ancora un libro come Lasciarsi andare, di Philip Roth, uscito nel 1962, narrava di giovani americani schiantati in tenera età da obblighi immensi: sposarsi, avere dei figli, mantenere la famiglia. Ma la vita (e l’opera) successiva di Philip Rorth, così come quella di parecchie generazioni successive, è stata di tutt’altro tipo: progressivamente emancipata dagli imperativi della costruzione della famiglia, della monogamia, della vita morigerata e finalizzata alla riproduzione della forza-lavoro. Già trent’anni fa, Georges Wolinski (che sarebbe caduto sotto i colpi di una forma particolarmente sinistra di neo-puritanesimo) aveva dipinto, nel personaggio di Junior che appariva su L’Écho des Savanes , un capovolgimento dei ruoli. Il padre (una sorta di alterego di Wolinski), in giubbotto di cuoio e capelli lunghi, viveva in totale un disordine amoroso e dietetico, il figlio (Junior, appunto) era in forma, ben pettinato e ben vestito, e non aveva troppo tempo da perdere in galanterie: il lavoro lo attendeva.
Junior non era propriamente un puritano, era uno yuppie, un giovane professionista urbano incantato dal denaro, che forse aveva messo a frutto le riflessioni di Herbert Marcuse sulla “desublimazione repressiva”, per cui il capitalismo trasformerebbe l’umanità in una massa amorfa di consumatori, e in cambio offrirebbe una certa libertà sessuale, come parte integrante del pacchetto consumistico. Perché non prendersi il grosso del capitale invece che accontentarsi delle briciole?
A trent’anni di distanza le cose sono ancora cambiate. Nel momento in cui Strauss-Kahn si deve appellare al libertinismo settecentesco per giustificare i propri comportamenti (probabilmente perché il loro risvolto venale rende poco credibile uno scenario neohippie), e in cui Michel Houellebecq riscopre il fascino reazionario di Huysmans e di Péguy, la probità dei giovani, oggi generalmente poco inclini al libertinaggio, non ha, con ogni probabilità, le motivazioni arrivistiche degli yuppies d’antan.
Più semplicemente, la globalizzazione ha abolito ogni rendita di posizione, e i giovani dell’Occidente in altri tempi decadente e crapulone devono confrontarsi con altri giovani probissimi e infaticabili di tutto il resto del mondo. Per esempio, si confrontano con orientali che nella famiglia trovano la spinta e il sostegno per diventare scienziati o manager, o magari violinisti iper-virtuosi perché capaci di sacrifici inauditi, e che risultano straordinariamente avvantaggiati rispetto alle famiglie occidentali spesso spezzate e ricomposte, e dunque con minore potere economico.
Schopenhauer amava citare il detto di un inglese (che viveva nei tempi eroici del capitalismo coloniale): «Non sono abbastanza ricco per permettermi una coscienza ». Nel momento in cui la globalizzazione ha esteso la competizione su scala mondiale, la coscienza, o almeno un certo puritanesimo, sembrano un buon investimento, e se non altro una strategia di sopravvivenza, per un Occidente che non è più abbastanza ricco per permettersi il libertinaggio.""