Accadde oggi: strage di valdesi in Calabria
1561 - A Guardia Piemontese in Calabria avviene uno sterminio di massa. I Valdesi di lingua occitana, emigrati in questo paese da due secoli, vengono massacrati, perché accusati di eresia.
E' uno degli episodi più truculenti della storia della Controriforma cattolica in Italia nel XVI secolo. Si calcola che 2000 persone furono barbaramente trucidate e che un altro centinaio di valdesi furono uccisi nelle campagne circostanti. Il sangue di quei poveri innocenti colò lungo i vicoli fino alla porta principale del paese e alla piazza antistante, denominate, in seguito, "Porta del sangue" e "Piazza della strage". Altri 1600 coloni furono fatti prigionieri. (In fondo potrai vedere un filmato, diviso in due parti, su queste tragiche vicende)
Il tutto ha inizio dall’esodo degli Albigesi, popolo di una regione francese, l’Occitania, avvenuto già dopo il 1208, che avevano derivato la loro fede religiosa dai “Catari”. La loro dottrina si originava da Pietro Valdes ed il loro motto era: “Bisogna obbedire a Dio e non agli uomini”. Si praticava insomma una sorta di autonomia in tema di gerarchia ecclesiale, dottrina che a Roma, subdorando il pericolo, fu subito ritenuta eretica e condannata nel Concilio di Verona. Tutto il territorio occitano per oltre un ventennio fu posto a ferro e a fuoco. Il loro quartier generale era presso Albi, città della Francia meridionale. La strage fu immensa e gran parte della popolazione venne bruciata. Chi dirigeva le operazioni soleva dire: “Uccidete tutti, buoni e cattivi, tanto Dio saprà discernere”. Ed il popolo in fuga di tutta l’Occitania dilagò per l’Europa e formò numerose isole allogene quali in Val d’Aosta e nelle valli Piemontesi. Proprio da queste contrade a partire dal 1386, a più ondate successive, l’emigrazione toccò la Calabria. I comuni calabresi interessati furono soprattutto: Guardia Lombarda, detta poi Piemontese e San Sisto.
I valdesi mantennero a lungo un basso profilo, non facendo proselitismo, commentando la Bibbia solo in case private, ricevendo visite molto discrete dei barba (i ministri di culto) e perfino partecipando ai riti esteriori delle chiese cattoliche locali. I feudatari del luogo li impiegavano come contadini e artigiani della lana e della pelle e li apprezzavano per la loro operosità e mitezza.
Tuttavia le cose cambiarono nel XVI secolo con l'avvento della Riforma: già dal 1532 queste colonie valdesi cominciarono a manifestare un vivo interesse nella Riforma calvinista, ma fu solo dal 1556 che i valdesi di Calabria vollero aderire alla Riforma. Purtroppo per loro il papa Paolo IV (l'ex inquisitore Giovanni Paolo Carafa), e l'Inquisitore Generale Michele Ghisleri (futuro papa Pio V) erano rigorosissimi contro ogni forma di eresia e di dissenso religioso: in particolare una bolla papale emanata nello stesso 1559, che non concedeva l'assoluzione a chi era a conoscenza di attività ereticali e non li aveva prontamente denunciati, tolse ai valdesi calabri l'appoggio, o perlomeno, la neutralità dei signori locali. Già nel 1559 Luigi Pascale, predicatore valdese, era stato arrestato presso la colonia calabra e se Cosenza in un primo tempo lo condannò al carcere, Roma lo arse sul rogo.
E così si giunse nel 1561 alla “soluzione finale”. Nel mese di giugno venne l’ordine dell’annientamento fisico dei valdesi dell’isola allogena calabrese. Una vera crociata fu organizzata contro di loro; a guidarla il domenicano Valerio Malvicino, consultore del Santo Ufficio presso il Vicario di Napoli. Fu organizzata una vera caccia all’uomo senza risparmio di mezzi.
Una testimonianza diretta dei fatti cruenti di quel sanguinoso giugno 1561 è contenuta in questo scritto d'epoca:
« Ora occorre dir come oggi a buon'ora si è ricominciato a far l'orrenda iustizia di questi Luterani, che solo in pensarvi è spaventevole: e così sono questi tali come una morte di castrati; li quali erano tutti serrati in una casa, e veniva il boia e li pigliava a uno a uno, e gli legava una benda avanti agli occhi, e poi lo menava in un luogo spazioso poco distante da quella casa, e lo faceva inginocchiare, e con un coltello gli tagliava la gola, e lo lasciava così: dipoi pigliava quella benda così insanguinata, e col coltello sanguinato ritornava pigliar l'altro, e faceva il simile. Ha seguito quest'ordine fino al numero di 88; il quale spettacolo quanto sia stalo compassionevole lo lascio pensare e considerare a voi.(...) Ora essendo qui in Mont'Alto alla persecuzione di questi eretici della Guardia Fiscalda, e Casal di San Sisto, contro i quali in undici giorni si è fatta esecuzione di 2000 anime; e ne sono prigioni 1600 condannati; et è seguita la giustizia di cento e più ammazzati in campagna, trovati con l'arme circa quaranta, e l'altri tutti in disperazione a quattro e a cinque: brugiate l'una e l'altra terra, e fatte tagliar molte possessioni. »