Iniziativa Laica I laici tendono a difendersi, e' ora di attaccare !

28mag/16Off

L’abiura di Galileo: una storia inedita

Articolo del nostro iscritto Gianni Benevelli (iniziativa laica.it 28.05.16)

L’ABIURA DI GALILEO: UNA STORIA INEDITA

In occasione del giubileo del II millennio destò non poco scalpore la richiesta di perdono, avanzata con umiltà e determinazione da papa Wojtila in disaccordo con molti suoi collaboratori, per le efferatezze perpetrate in passato dai vertici dell’istituzione ecclesiale: il loro silenzio sul genocidio degli indiani delle Americhe, il loro tacito consenso (durato tre secoli!!) sulla tratta verso il nuovo mondo dei neri africani ridotti in schiavitù, i tribunali dell’inquisizione e i suoi roghi.

Un articolo di Messori ci può chiarire la netta frattura (taluni parlano di scisma strisciante) che all’epoca serpeggiava nella chiesa gerarchica fra i sostenitori di una restaurazione post-conciliare e di un ritorno al dogmatismo dei chierici e coloro che invece contestavano tale involuzione, vedendo in essa il tradimento delle aperture del Concilio Vaticano II al mondo.

Inoltre tale articolo (Corsera, Maggio 2001), ci può illuminare sulla collocazione “politico-religiosa” del suo autore all’interno dei due schieramenti che si fronteggiano:

«La misura è ormai colma: questo papa sta esagerando (…) Giovanni Paolo II travisa il passato della Chiesa, rischia di esporla a umiliazioni, ossequia i suoi persecutori (?) intende l’ecumenismo come un sincretismo dove una religione sembra valere l’altra (…) Non è un mistero che, quando Giovanni Paolo II parlò, in un concistoro, del suo desiderio di chiedere perdono per le colpe dei suoi predecessori, la maggioranza dei cardinali respinse l’idea. Il papa allora andò avanti da solo».

Nel XIV cap. del suo volume Qualche ragione per credere, scritto in collaborazione con un certo Brambilla, Messori ci fornisce una storia inedita del conflitto tra Galileo e la fazione più retriva e oscurantista del cattolicesimo romano.

«Il caso Galileo fu montato e impugnato contro la Chiesa prima dal liberalismo borghese, poi dal marxismo: per decenni, generazioni di “progressisti” si sono indignati assistendo alla Vita di Galileo, il dramma di Brecht (…)  Ma per venire al Galileo secondo la storia e non la leggenda: fu convocato con ogni riguardo (non fece neanche un’ora di carcere) davanti al tribunale non per quello che diceva (?). La teoria “eliocentrica” di Copernico, devotissimo canonico polacco, era pacificamente discussa pure nelle università pontificie e sostenuta anche da papi e cardinali».

Incredibile! In realtà Galileo fu prima censurato e diffidato proprio a non esprimere opinioni ulteriori su Proposizioni della stabilità del Sole e del moto della Terra (19 febbraio 1616) che difendevano il modello copernicano così inviso, perché non conforme letteralmente alla Bibbia, a quei “cervelloni” di teologi che lo inquisivano; ma il fatto è che, nella sua apologia dell’istituzione romana, Messori rimuove totalmente il processo inquisitorio che si tenne a Roma dal 12 aprile al 21 giugno 1633, mistificando come tale la censura preventiva di 16 anni prima. Nel febbraio 1632 era stato pubblicato a Firenze il Dialogo dei Massimi Sistemi;  nel settembre dello stesso anno, a seguito della relazione della Congregazione incaricata dell’esame dell’opera somma di Galileo, il pontefice gli inviò il mandato di comparizione presso il Sant’uffizio in Roma, in considerazione dell’antica censura intimata a Galileo e la sua promessa, non mantenuta, all’obbedienza. “Per esservi grave sospetto ch’egli tuttora aderisca all’opinione copernicana” e sotto la minaccia di tortura, Galileo venne costretto a firmare l’abiura delle sue convinzioni. Dopo una breve carcerazione (dal 23 giugno al 6 luglio) in Roma, fu confinato prima a Siena, infine ad Arcetri in una villa affittata nelle vicinanze del convento che ospitava le sue due figlie.

E’ questa la storia di Galileo che, secondo Messori, sarebbe leggenda. Vediamo ora con quali parole il giornalista-scrittore espone la sua versione degli avvenimenti:

«Galileo, che morì a 78 anni nel suo letto nella sua bella villa, con la benedizione del pontefice e mormorando il nome di Gesù e Maria come ultime parole, era membro dell’Accademia pontificia delle Scienze. Era giunto sino a 70 anni senza problemi con le autorità religiose, fra le quali contava vescovi e cardinali come fedeli ammiratori e potenti protettori. Solo una  volta l’invitarono (e nulla più) alla prudenza: richiamo peraltro doveroso in nome del rigore e della serietà scientifici. (Incredibile! La curia romana avrebbe dato lezioni sul rigore della ricerca  a colui che è considerato il padre della Scienza moderna! n.d.r.). La guerra gliel’avevano fatta, semmai, i laici colleghi della laica università di Padova. Soprattutto lo seguiva la minacciosa ostilità del biblismo protestante:  nelle città della Riforma sarebbe finito sul rogo o, almeno, in qualche prigione (…). I guai del Pisano a Roma furono relativi: ritirarsi nella sua villa e recitare una volta la settimana i salmi penitenziali, potendo continuare il suo lavoro; in effetti, il suo capolavoro scientifico lo scrisse dopo la condanna. (Falso: fu la causa della sua condanna. n.d.r.). Ma quei guai gli vennero non per quello che diceva, bensì per “come” lo diceva, con una sorta di nuovo fideismo dogmatico in una scienza peraltro ancora tutta ipotetica. Pretendeva, cioè, di mescolare conoscenze naturali e teologia e di fare un dogma scientifico di ciò che allora non era che un’ipotesi, senza prove sperimentali (…). Del resto lo stesso Bellarmino, il dottissimo e santo cardinale che alla pari dei papi stessi e di molti vescovi protesse Galileo, lo difese soprattutto da se stesso, dalla sua ostinazione, e anche dai suoi tentativi di imbrogliare le carte (?) che finirono con l’indispettire i giudici».

Di fronte a una simile profusione di  dissertazioni non ho più parole. Anzi, le ho: Bellarmino era stato consultore del Sant’uffizio nel processo intentato dalla “santissima” inquisizione contro Giordano Bruno, in assoluto la più illustre vittima del conflitto fra fede e ragione che ha segnato la storia del pensiero moderno: processo che si concluse, dopo sette anni, con la condanna del filosofo-teologo che fu arso a Roma in Campo dei Fiori (1600). L’esimio cardinale, tuttavia, di certo non ebbe modo di proteggere Galileo “difendendolo da se stesso” nel corso del suo processo (1633): era deceduto da una dozzina d’anni (1621). Il fatto è che la figura di Bellarmino, dotto e insigne teologo della Controriforma, non ha mancato di suggestionare il devoto Messori, che si sente in dovere di magnificare la carità evangelica del santissimo cardinale avvallandone la teologia.

Dal suo libro – intervista con Leonardo Mondadori Conversione:

«Se non ci sono i beni, non si può fare beneficenza. Senza qualcosa che vada al di là delle primarie necessità economiche non c’è nulla da donare. Fra i massimi esempi di carità “materiale” proposti da Gesù per avere la vita eterna, c’è il buon samaritano della parabola celeberrima riportata da Luca. Ebbene, quest’uomo misericordioso nulla avrebbe potuto fare per il rapinato e ferito dai briganti se non fosse stato benestante (...) Francesco si spogliò sì, e radicalmente, di ogni avere, ma poi da lui nacque un ordine di frati detti, ufficialmente, “mendicanti”, perché il loro sostentamento era assicurato dalle elemosine (falso: erano detti “fratelli minori”). E queste da dove sarebbero venute, se non da gente che, con il suo lavoro, guadagnò a sufficienza non solo per mantenere se stessa, ma anche per sostenere coloro che avevano fatto la scelta della povertà contando sulla carità altrui?»

Dal buon Messori c’è sempre qualcosa da imparare: mai avrei immaginato che nobili e chierici, detentori all’epoca di Francesco della quasi totalità dei beni e delle ricchezze, avessero accumulato i loro patrimoni con il sudore della fronte!

 

Riguardo poi ad Antoine Laurent Lavoisier, ghigliottinato nel 1794, «la maggior gloria di Francia, forse d’Europa, il fondatore della chimica moderna, benemerito della rivoluzione come autore del nuovo sistema di pesi e misure, lo scopritore della formula dell’acqua e dell’aria (…)» non posso esimermi dal puntualizzare:

1) L’aria, non essendo un composto bensì una miscela di gas, non è   definibile da una formula. Lavoisier si limitò ad osservare che nell’ossidazione dei metalli e nella respirazione animale è consumato circa 1/5 dell’aria (l’air vital poi denominata ossigeno); mentre la parte restante (l’air mephitique poi denominata azoto) è incapace di alimentare la combustione e la respirazione.

2) La dimostrazione che l’acqua non è un elemento, ma un composto di formula H2O ottenibile per combustione dell’idrogeno, fu effettuata sperimentalmente da Henry Cavendish (1782) che ne realizzò la sintesi combinando i due gas nel rapporto volumetrico di 2:1. Lavoisier, un anno dopo, certificò la veridicità della scoperta del suo collega inglese ripetendone l’esperimento.

3) In quanto poi al fatto che egli fosse “benemerito della rivoluzione” perché “autore del nuovo sistema di pesi e misure”…sta qui la chicca scientificamente più appetitosa di Messori e del suo erudito collaboratore: la benemerenza gli derivava dall’aver definito la “legge di conservazione delle masse” (o dei pesi per i profani) che egli dedusse sperimentalmente con l’uso sistematico della bilancia analitica; legge che riguarda tutte le reazioni chimiche e che è fissata nel concetto che “nulla si crea e nulla si distrugge, ma tutto si trasforma”. Il sistema metrico decimale fu adottato nel 1795, per l’obiettiva esigenza di uniformare le unità di misura di ogni grandezza (ovvero di ogni entità scientifica misurabile), da una commissione di fisici (illuministi) di cui certamente Lavoisier non poteva far parte; a meno che, dopo aver recuperato la testa mozzatagli un anno prima, non avesse conosciuto la gloria della resurrezione.

4) Infine, per quanto riguarda la sua condanna, egli fu accusato di essersi indebitamente arricchito con l’incarico che ricopriva nell’ufficio amministrativo della dogana francese: per peculato fine a se stesso? Per finanziare le sue ricerche? Fu forse vittima innocente dell’invidia altrui? La storia non ha saputo chiarirlo. Sta di fatto che la dittatura di Robespierre non lo risparmiò.

Commenti (0) Trackback (0)

Spiacenti, il modulo dei commenti è chiuso per ora.

I trackback sono disattivati.