Carcere, frustate e taglio delle mani: la situazione della satira nei Paesi musulmani
Articolo di Azzurra Meringolo (Messaggero 26.9.16)
Gli tagliarono le mani perché erano il mezzo che utilizzava per fare satira contro il regime del presidente siriano Bashar al Assad. Fu questa la tragica sorte che spettò, nel 2011, al celebre disegnatore Ali Ferzat. Da allora sono trascorsi sei anni in cui la repressione dell’espressione artistica mediorientale non ha avuto confini. In molte occasioni quanti si sono visti negati un loro diritto universale sono stati accusati di aver offeso l’Islam, commettendo reati di blasfemia.
CONDANNE PESANTI - A finire dietro le sbarre per aver disegnato una caricatura del profeta Maometto è stato ad esempio il giovane tunisino Jabeur Mejri, condannato a sette anni e mezzo di carcere. Era il 2012 e per salvare l’artista è nata una campagna globale arrivata a coinvolgere dieci vignettisti internazionali, tra i quali il francese Plantu, che hanno raccolto disegni per Mejri, facendo conoscere la sua causa ai leader di mezzo mondo. Ancora più severa la pena inflitta ad Ashraf Fayadh, poeta palestinese nato in Arabia Saudita dove è stato condannato a morte con l’accusa di aver rinunciato all’Islam e di aver fatto alcune cose contrarie alla legge islamica, come portare i capelli lunghi e avere immagini di donne sul suo cellulare. Grazie anche alla campagna #FreeAshraf la giustizia wahabita ha eliminato la pena capitale, ma il poeta, che si è dichiarato un musulmano fedele, sta scontando otto anni di prigione ai quali si sommano 800 frustate.
Le accuse di blasfemia non risparmiano neanche le donne. Neanche quelle che indossano il velo come Doaa El-Adl, vignettista egiziana che nel 2013 si è aggiudicata il premio del Museo della Satira di Forte dei Marmi. Ad accusarla, nel 2012, era stato un avvocato salafita che non aveva sopportato la vignetta nella quale Doaa aveva rappresentato il profeta Adamo. La religione c’entrava però poco. Adamo, come Doaa, si era schierato per il no alla nuova costituzione islamista, cosa che aveva fatto infuriare l’avvocato vicino alle posizioni dell’allora presidente Mohammed Morsi.
IL VISTO DELLA SVIZZERA - La situazione lungo il Nilo non è cambiata neanche dopo l’uscita di scena manu militari – degli islamisti. Nonostante la lunga storia secolare dell’esercito, ci sono state più incarcerazioni su base religiosa durante il presente mandato del presidente Abdel Fattah al Sisi che sotto quello di Morsi. A mostrarlo è il caso della scrittrice Fatima Naoot, accusata di aver insultato l’Islam in un suo post Facebook nel quale ha criticato la pratica musulmana di immolare agnelli, vitelli e montoni nella festa del sacrificio. Oltre a una multa, Fatima dovrà scontare 3 anni di carcere. Ancora più lungo (5 anni) il periodo che avrebbero dovuto passare in cella quattro studenti copti egiziani accusati di oltraggio all’Islam a causa di un video in cui hanno mimato la scena dello sgozzamento di un fedele musulmano in atteggiamento orante, a imitazione delle esecuzioni dell’autoproclamatosi Stato islamico. A salvarli però ci ha pensato la Svizzera che a settembre gli ha concesso un visto umanitario accogliendoli nel suo territorio.""