Il dibattito sul Pd. Il dialogo sta a sinistra
Articolo di Roberto Esposito (filosofo, insegna Filosofia teoretica alla Scuola Normale Superiore di Pisa Il suo ultimo libro è "Politica e negazione", Einaudi, 2018) (Repubblica 7.8.18)
“”Condivido in pieno la premessa dell’intervento di Piero Ignazi domenica su queste pagine. Il Pd, dopo il pessimo risultato elettorale, non avrebbe potuto mettersi al rimorchio dei 5 Stelle, pena il rischio di rapida estinzione. Ma ha sbagliato strategia, apparsa subito troppo schematica e venata di risentimento. Avrebbe dovuto accettare il dialogo proposto dai pentastellati, portandovi le proprie proposte. L’esito sarebbe stato con tutta probabilità comunque negativo. Ma il Pd avrebbe ottenuto il doppio risultato di mostrarsi aperto e di rendere, se non impossibile, almeno più difficile l’alleanza tra 5 Stelle e Lega. Il vecchio Pci, con tutti i suoi limiti, difficilmente avrebbe commesso un simile errore tattico, spianando la strada agli avversari. Comunque, cosa fatta, capo ha.
E adesso? Sulla prospettiva la proposta di Ignazi mi lascia invece più perplesso. Aprire un canale con il movimento grillino — egli suggerisce — inserendosi nelle sue contraddizioni interne e appoggiare la linea della " sinistra" di Fico. Pur apprezzando alcune delle posizioni prese dal presidente della Camera, non so se esse possano essere etichettate di sinistra. E dubito che portino a una rottura con l’ala governativa di Di Maio. Ma il punto non è questo.
La politica non vive solo di tattica, ma anche di progetto e di principi indisponibili. Su questo piano la distanza del Pd, ma direi di tutta la sinistra, dai 5 Stelle rimane, per restare alle stelle, siderale. Ciò che distingue i 5 Stelle, come è stato più volte ricordato, è la loro concezione autoreferenziale e monca di democrazia, sottratta al filtro della rappresentanza e dell’equilibrio dei poteri, sostituiti dall’approvazione eterodiretta di una piattaforma informatica privata. Del resto, venendo al programma concreto, la distanza dagli obiettivi di una sinistra di governo risulta ancora più marcata.
Il primo di questi obiettivi non può essere che una politica di stampo europeista e occidentale. Rispetto alla quale la posizione del partito di Di Maio è a dir poco ambigua. È vero che il progetto di uscita dall’euro è rientrato sullo sfondo, ma non si è mai ascoltata una parola ferma e chiara contro la politica filorussa di Salvini.
Il secondo obiettivo che si richiede a un governo di sinistra deve essere una politica sociale di sviluppo e d’investimenti che rilanci l’occupazione, soprattutto nel Mezzogiorno. Anche su questo punto la posizione dei 5 Stelle va in altra direzione. Certo, la proposta di un reddito di cittadinanza, comunque declinata, risponde a una preoccupazione fondata sull’allargarsi della fascia della povertà. Ma il quadro in cui è inserita è lontano dal favorire un rilancio dell’economia, come appare anche dall’imbarazzante indecisione su Tav e Ilva.
Il terzo obiettivo della sinistra è un rinnovato impegno, finanziario e strategico, su formazione e ricerca. È un punto cruciale su cui non è possibile arretrare. Ebbene, anche su di esso la proposta dell’attuale governo non va al di là dell’intenzione di abolire la " Buona scuola". Effettivamente, l’inadeguatezza di tale riforma è palese. Ma essa va superata in avanti, non con un passo indietro. E invece, di fronte alle difficoltà strutturali della scuola e all’emigrazione di massa dei laureati italiani, l’atteggiamento del governo è di sordità.
La conclusione è che il Pd non deve isolarsi e deve ritornare a parlare con chiunque, tranne che con la destra razzista e neofascista. Ma a partire da un progetto, politico e culturale, autonomo.””