I canti di donna contro i demoni perche’ l’Europa e’ femmina
Articolo di Paolo Rumiz (Repubblica 7.8.18) “Nell’abbazia di Viboldone, dove gli aerei su Linate e il traffico cercano di penetrare il silenzio millenario, vale ancora la regola: "Ascolta l’altro"”
“”VIBOLDONE (LOMBARDIA) Il secondo, sorprendente registro sonoro del viaggio è il rombo degli atterraggi su Linate. I jet sorvolano uno dopo l’altro l’abbazia femminile di Viboldone, che una volta era campagna e oggi è periferia di Milano. Sembra lo facciano apposta. Pare che tutta la modernità si coalizzi contro quest’isola di pace, per estirparne il silenzio. Perché non ci sono solo gli aerei. Da un lato hai il fiume di macchine e camion dell’Autostrada del Sole, dall’altro le Frecce rosse dell’alta velocità. E poi la via Emilia, e le rotonde, e i tralicci incombenti dell’alta tensione, e lo sgommare della malavita di periferia che si sveglia di notte, e gli ingorghi attorno a cubo blu dell’Ikea e altre cattedrali del consumo.
Incastrato fra gli ultimi condomini della metropoli e le prime risaie, il campanile del monastero perfora il cielo basso, carico di pioggia, come una torre di guardia. Solo che non hai orde islamiche che assediano l’abbazia. Lo smantellamento dell’invisibile ce lo siamo inflitto da soli. Eppure il sacro, che diresti annichilito dalla macchina del consumo, ti fulmina appena entri nella navata medievale coperta di affreschi di epoca giottesca. Sei salito su una scialuppa di salvataggio, sei stato accolto.
Senti di essere passato da un mondo dove Dio è superfluo a un mondo impossibile da comprendere in assenza di Lui.
Europa è femmina, e si è rifugiata qui, esule di un’umanità che sveglia vecchi demoni agitando il Vangelo. Ha la faccia delle piccole monache che nel coro intonano i canti dell’ora Sesta, "Invocando il tuo nome, narriamo le tue meraviglie". Ha il sorriso di suor Maria Antonietta che serve un ottimo pranzo a me, alla mia compagna Irene e ad altri tre ospiti del monastero. Ha lo sguardo materno della badessa Maria Ignazia Angelini («devi assolutamente sentirla», mi hanno esortato gli amici del monastero di Bose) quando spiega che il primo comandamento di Benedetto si chiama "Ascolto". Ascolto dell’Altro. Dell’essere umano e della sua voce.
Piove sulle risaie e Viboldone sembra dirti che oggi la vera terra di missione non è l’Africa ma questa Europa che perde la bussola, riduce la fede a estetica, gioca con miasmi di morte, e dove i Paesi che hanno voluto l’Unione sembrano i primi a volerla distruggere. Qui Benedetto, letto al femminile, svela tutta la forza e la modernità del suo messaggio, intatto dopo quindici secoli. Non è un caso che uomini grandi come il cardinale Carlo Maria Martini, don Luisito Bianchi, prete operaio e partigiano, o l’abate Escarré di Monserrat, ricercato da Francisco Franco, abbiano cercato rifugio in questo perimetro, dove il messaggio è esaltato anziché umiliato dal frastuono del mondo.
«Benedetto scopre l’importanza della manualità come strumento di elevazione. Qui gli attrezzi di cucina sono importanti quanto i vasi sacri dell’altare. Ma – sorride madre Ignazia – in troppi vi leggono solo l’accento sull’efficienza dell’economia, e dimenticano la sua capacità di valorizzare l’uomo in quanto tale, non importa se "barbaro".
Dimenticano l’esortazione ad accogliere, ospitare, mettere in rete i diversi. In una parola, la sua infinita sapienza relazionale. È lui che trasforma l’Hostis in
Hospes, il nemico in ospite.
Illuminante, nel libro di Gregorio Magno sulla vita del santo, l’episodio in cui Benedetto smonta con la sua mitezza l’aggressività e la diffidenza di re Totila...».
Il paesaggio lombardo nasce qui. La sua armonia idraulica, l’equilibrio di acqua e terra, le essenze della "piantata lombarda" - platani, gelsi, salici, ciascuno con la sua precisa funzione - sono letteralmente scolpiti dal monachesimo, racconta Franco Lacchini, un ex sessantottino innamorato di Viboldone, che con altri volontari si offre come narratore ai visitatori. «Guardatevi attorno – esorta – siamo immersi nelle marcite cistercensi», e indica ciò che rimane di una rete di canalizzazioni che, consentendo un’irrigazione minima costante attraverso opportune pendenze, impediva all’acqua di ghiacciare e consentiva fino a sette raccolti l’anno di foraggio, «che era la benzina di allora, perché nutriva gli animali da fatica».
«Con la meccanizzazione, la storia di un millennio è stata liquidata in un lampo. Fino a trent’anni fa la cascina era abitata da 250 salariati agricoli, oggi è una nobilissima struttura semivuota in attesa di trasformarsi in villette a schiera.
Finita anche la pastorizia, che pure nel Cinquecento aveva prodotto una lana così buona da far concorrenza alle Fiandre. È rimasto qualche scampolo di riso, ma il mais non si mangia più, si trasforma in bio-diesel. I bulldozer hanno spianato il saliscendi delle marcite a filo di laser. I canali, anche loro, kaputt, perché l’acqua si spara.
Le api, scomparse. Ma l’inprinting benedettino è ancora così forte da essere visibile ovunque».
Anche la chiesa sarebbe scomparsa se a difenderla non ci fossero le benedettine, che pure sono arrivate qui per ultime, chiamate dal cardinale Schuster durante l’ultima guerra.
Costruita nel Millecento da una confraternita laica, gli Umiliati, mostra una stupenda bicromia di intonaco e mattoni tipicamente cistercense: tre chiavi di volta gotiche su impianto romanico che reggono un cielo teologico affrescato in epoca giottesca. Nell’abside, la crocefissione più femminile che abbia mai visto. La Madonna che sviene, l’urlo di Maddalena, le donne che seguono Lui fino in cima al Golgota. Anche il peccato originale è vissuto al femminile: la mela ce l’ha Adamo, mentre Eva con i capelli sciolti guarda il crocefisso come liberata.
La sessuofobia della Controriforma è ancora di là da venire: sui muri perimetrali non una, ma ben nove maternità, di cui una dove vedi una Maria con seni generosi bene in vista. Che armonia, che grande metafora dell’accoglienza in tutto questo!
Femminile il chiacchiericcio sommesso delle restauratrici al lavoro sopra il portale d’ingresso. Femminile il canto delle monache in nero ai sue lati del coro. Femminile le mensa che viene preparata per gli ospiti con una bottiglia di sanguigna bonarda al centro. Femminile persino il trillo serale delle rondini.
Mentre il Maligno alza reticolati e torna a fare a pezzi Europa, qui l’ultima preghiera è «per coloro che per persecuzione o carestia sono obbligati a lasciare il loro Paese». E mentre la badessa ci saluta con affetto prima della consueta visita serale alle sorelle anziane malate, sento che la Chiesa avrebbe tutto da guadagnare rinunciando a una fetta della sua egemonia maschile. Annotta, ultime preghiere. «Buio è il cammino.
Cercano acqua i poveri e non la trovano».””