Boeri (Inps): «Manovra maschilista se il congedo di paternita’ non c’e’ piu’”
Articolo di Alessandra Puato (Corriere 6.11.18) “Secondo il presidente dell’Istituto di previdenza la disparità dell’età pensionabile tra uomini e donne e il mancato rifinanziamento del permesso ai padri dipendenti sono i segnali di una discriminazione. La campagna del Corriere e i paradossi”
“”Dietrofront. Il congedo di paternità, ottenuto con fatica e prese di posizioni pubbliche e chiare da parte delle donne (e degli uomini) in Italia, non c’è più. Fine dei soldi e di una misura che comunque vedeva l’Italia ancora in posizioni arretrate rispetto ad altri paesi europei. La manovra finanziaria 2019 del governo Lega M5S non rifinanzia l’obbigatorietà per i padri di non andare al lavoro quando nasce un figlio. E questo è maschilismo senza attenuanti secondo Tito Boeri, presidente dell’Inps. C’è «un segnale di maschilismo anche in questa legge di bilancio, nel momento in cui va a dire manteniamo le differenze di età nell’accesso alle pensioni per uomini e donne, e va a non rifinanziare il congedo di paternità che era uno strumento molto importante per promuovere un’uguaglianza di opportunità», ha detto Boeri a Bologna, al convegno «Le donne nell’Istituto, ieri, oggi, domani». A suo giudizio, due sono i segnali all’interno della manovra che tradiscono un trattamento non equo tra i due sessi: il perdurare della differenza di età di pensionamento tra uomini e donne e il mancato rifinanziamento del congedo per la paternità obbligatoria, appunto. Una misura che fu potenziata dopo una campagna del Corriere della Sera e del Tempo delle donne, avviata nell’ottobre 2015.
La legge prevede che per quest’anno i padri con un lavoro dipendente abbiano diritto a quattro giorni di congedo parentale obbligatorio, più uno facoltativo, in alternativa alla madre. La misura è stata finanziata con la Legge di Bilancio nel 2017 (governo Renzi). I quattro giorni obbligatori sono un raddoppio previsto, solo per il 2018, dalla legge dell’11 dicembre 2016, numero 232. Spettano in occasione della nascita del figlio o a genitori affidatari o adottivi entro e non oltre il quinto mese di vita del bambino. La legge iniziale, quella del 28 giugno 2012, all’articolo 4, comma 24, lettera a) aveva «istituito il congedo obbligatorio e il congedo facoltativo — ricorda proprio l’Inps sul suo sito web — alternativo al congedo di maternità della madre, fruibili dal padre lavoratore dipendente anche adottivo e affidatario, entro e non oltre il quinto mese di vita del figlio». Il diritto scattava però per un giorno solo. Poi due, con la legge del 2016. Poi quattro, in via eccezionale quest’anno. Poi zero, adesso: fine dell’esperimento dal prossimo anno.
Secondo Boeri, le donne sono penalizzate anche quando si offre loro uno sconto contributivo o si mantiene la differenza d’età sull’andata in pensione.«Può essere anche una trappola, perche’ non sono loro a decidere, sono spinte a prendersi delle responsabilità che dovrebbero essere invece condivise». E ancora: «Trovo che in Italia quando si devono fare delle cose in favore delle donne, si continui a dire che bisogna dare loro piu’ opportunità di stare nel non lavoro e fuori dal mercato del lavoro. Quindi «permettiamo loro di andare in pensione prima, di prendersi cura dei familiari, non penso sia l’atteggiamento giusto», ammonisce da Bologna. «Non è questo che dà più possibilità di scelta alle donne, perché alla fine ne indebolisce il potere contrattuale all’interno delle loro famiglie. Anche le donne che lavorano si devono prendere molta più cura della famiglia rispetto agli uomini», ha detto Boeri. Che sulla questione della parità del genere va all’attacco del governo senza mezze misure: «C’è poca attenzione da parte di coloro che si definiscono populisti verso la problematica femminile», ha dichiarato, a dispetto dell’«atteggiamento di estrema attenzione alle istanze popolari» e della «volontà di rappresentare direttamente il popolo».
La proposta del Corriere della Sera, nel settembre del 2015, era di avere 15 giorni di congedo di paternità obbligatoria, retribuito all’80% come per le madri. Portò all’approvazione della legge sul secondo giorno obbligatorio (prima era uno soltanto). «Serve una misura forte», scrivevamo a esito dell’inchiesta sul calo di natalità e a verifica della legge sulla maternità, con le colleghe Rita Querzé, Maria Silvia Sacchi e Monica Ricci Sargentini. Ricordando come lo scarso uso dei permessi da parte dei padri dipendesse parte dalla cultura, parte dalle discriminazioni aziendali, parte dal fatto che in genere è l’uomo a guadagnare di più in famiglia e rinunciare a una parte del suo stipendio è più oneroso. «Nel 2030 avremo un milione e mezzo di italiani in meno nell’età produttiva — scrivevamo già allora —. Nella Ue siamo il Paese più vecchio. È il momento di passare dalle parole ai fatti». Tre anni dopo, i fatti sono questi: una retromarcia anche sul piccolo diritto faticosamente acquisito.””