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10apr/19Off

Vedere la prima foto di un buco nero mi ha emozionato. Da oggi la fisica non e’ piu’ la stessa

Blog di Andrea Aparo von Flüe, Fisico (Fatto 10.4.19)

“”. Seguire la conferenza stampa di presentazione della prima fotografia mai scattata a un buco nero è semplicemente emozionate. Emoziona la certezza di partecipare a un momento epocale che divide il prima dal dopo. Da oggi la fisica, almeno una parte di essa, non è più la stessa. Quello che fino a ieri era l’immateriale soluzione matematica di una teoria è diventato un oggetto fisico, misurabile, osservabile. Un laboratorio dove svolgere esperimenti che riguardano la gravità prima non accessibile. Procediamo con ordine.
10 aprile 2019, ore 15:00 Cest, ovvero ora di Bruxelles. Palazzo Berlaymont. Rappresentanti della Commissione europea, del Consiglio della ricerca europeo e del progetto EHT, che sta per Event Horizon Telescope, presentano la prima foto mai scattata di un buco nero super massiccio. Precisazione necessaria perché di buchi neri ce ne sono diversi. Ci sono quelli piccoli con una massa tre-quattro volte quella del nostro Sole; quelli medi che hanno massa diecimila volte quella solare; quelli cannibali che mangiano fra loro, ce ne sono che generano venti che soffiano a oltre 32 milioni di chilometri all’ora, ci sono i buchi neri vagabondi che viaggiano nello spazio a 9,5 milioni di kmh e poi ci sono i pesi massimi, veramente massicci, vere mostruosità con una massa da milioni a miliardi di volte quella del Sole. Sono loro a tenere insieme le galassie, ad ancorare le costellazioni.
Per esempio, non troppo lontano da noi, a “solo” 320 milioni di anni luce, c’è la galassia NGC3842, con al centro un buco nero che contiene 9,7 miliardi di masse solari. La forza gravitazionale di questi mostri è tale da attirare gas e polvere spaziale che si mettono a orbitare intorno a essi. Guai se ci avvicina troppo, superando la “distanza di sicurezza”, una frontiera chiamata “orizzonte degli eventi”. Se accade, qualunque forma di materia viene inesorabilmente inghiottita dal  buco nero, gigantesco imbuto che deforma il tessuto spazio-temporale del cosmo. La forza gravitazionale di un buco nero è tale che nemmeno la luce, nonostante la sua velocità di fuga di 299792458 metri al secondo (circa 300mila chilometri al secondo), riesce a sfuggire. Per questo è nero. Non emette luce. Al suo interno non esiste più la materia, non esiste energia. Non perché venga distrutta – evento impossibile in fisica – ma perché viene utilizzata per generare la deformazione del tessuto spazio temporale. Quanto più ingoia materia ed energia, tanto più aumenta la massa del buco nero, tanto più aumenta la profondità dell’imbuto, del cono rovesciato, il cui vertice, un punto, è una singolarità dove le leggi della fisica non hanno più validità.
L’obiettivo del progetto EHT, nato nel 2006, è quello di fotografare l’orizzonte degli eventi e l’ombra che il buco nero proietta su di esso. Per raggiungerlo si è concentrato su due buchi neri super-massicci: Sagittarius A*, per gli amici Sgr A*, che si trova al centro della nostra via lattea, e quello al centro di Messier 87, aka M87, una gigantesca galassia ellittica che si trova nella costellazione della Vergine.
Il soggetto fotografato è proprio M87, una mostruosità 6,5 miliardi di volte la massa del Sole a 55 milioni di anni luce dalla Terra perché Sgr A+, oltre a essere mille volte più piccolo, è anche mille volte più veloce di M87. Si muove troppo e la foto è molto, molto difficile da scattare. Come riprendere, per contarli, i buchini sulla superficie di una palla da golf del diametro di 42,7 millimetri da 4mila500 chilometri di distanza. Per riuscirci hanno messo in piedi un radiotelescopio virtuale della dimensione del nostro pianeta, perché quanto più grande è il disco di un telescopio, tanto maggiore è il contrasto dell’immagine, collegando otto radiotelescopi posti in luoghi elevati dove l’atmosfera è sottile e trasparente: dalla Sierra Nevada spagnola, ai vulcani del Messico e delle Hawaii, alle montagne dell’Arizona, al deserto Atacama in Cile e per finire in Antartide.””

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