La Ue e il fattore «identita’»
Articolo di Valerio Castronovo (Sole 12.5.19) “Thierry Vissol. Di fronte all’affermazione di populisti e sovranisti, le istituzioni comunitarie devono essere capaci di costruire un modello fondato sulla solidarietà sociale e sullo sviluppo competitivo a livello globale. Il libro: “Europa matrigna. Sovranità, identità, economie” Thierry Vissol, Donzelli pagg. 231 € 19”
“”Di questi tempi, in cui il discorso pubblico sulla governance e il futuro dell’Unione europea ha finito, nel nostro Paese, per essere dominato dalle irruenti sortite polemiche di sovranisti e populisti, risulta istruttiva un’analisi ponderata come quella condotta da Thierry Vissol. Oltre a contare sulla sua lunga esperienza di ex funzionario della Commissione europea, egli è uno storico ed economista, abituato quindi a valutare determinati eventi e fenomeni in base a metri di giudizio aderenti alla complessità del reale e non circoscritti al breve periodo.
Pertanto Vissol sottolinea, da un lato, quale importanza hanno avuto le conseguenze dei mutamenti strutturali prodotti dalla triade globalizzazione neoliberista-turbocapitalismo finanziario-quarta rivoluzione industriale nell’innesco della ventata nazional-populista. Dall’altro, pone l’accento sull’impatto di un vettore multimediale ambivalente come i social network, ossia uno strumento di comunicazioni e relazioni largamente accessibile ma proprio per questo tale da generare anche effetti incongrui e distorsivi.
Per comprendere quale grave grado di pericolosità sia insito in una congerie di teoremi ed enunciati trasmessi in Rete dai social, basti pensare al fatto che essi possono influenzare gli orientamenti di una vasta platea di cittadini e di mobilitarli sulla spinta di slogan e messaggi predittivi tanto più accattivanti e seducenti quanto di facile maneggio.
Sovranisti e populisti hanno fatto, per l’appunto, un uso crescente di questa leva sia per la loro opera di proselitismo che per il consolidamento della loro audience servendosi non solo delle armi classiche della dialettica politica ma, all’occorrenza, anche di tesi semplificatorie, di narrazioni non documentabili o prive di adeguate argomentazioni, di informazioni parziali e subdole.
D’altronde, nell’età digitale, non sono necessari consistenti apparati di propaganda e di orchestrazione della psicologia di massa, poiché le tecnologie infotelematiche offrono ampie possibilità di conseguire risultati analoghi, se non superiori, a quelli raggiunti in passato nell’organizzazione dall’alto del consenso.
Sta di fatto che l’utilizzo in chiave strumentale dei nuovi mass media, tanto più col supporto di piattaforme in esclusiva, ha un’incidenza politica rilevante, dato che la questione dell’identità riveste oggi un ruolo centrale agli effetti del rilancio o meno della causa europeista.
A questo proposito ben sappiamo come l’indirizzo dell’austerità perseguito dalla Ue, dopo la Grande crisi esplosa nel 2008, al fine di scongiurare il rischio di un’instabilità sistemica di conti e debiti pubblici, sia prevalso rispetto ad adeguate misure volte alla crescita dell’economia e a sostegno dell’occupazione. Col risultato che ciò ha determinato un’ondata a raggiera di paura e disorientamento, di rabbia e protesta nei confronti delle élite politiche e dell’establishment di Bruxelles. Di qui la ricerca di motivi e fattori di rivalsa e rassicurazione che ha portato tanta gente a vedere nel nazionalismo il massimo garante dell’interesse collettivo e di protezione sociale, e nel populismo l’espressione per eccellenza delle istanze dei ceti più deboli o più vulnerabili contri i “ricchi” e i cosiddetti “poteri forti”.
In questo contesto sovranisti e populisti, anche in quanto mirano all’avvento di una democrazia diretta, sostenendo che al popolo spetta esercitare il potere senza bisogno di alcuna forma di rappresentanza e intermediazione, sono divenuti promotori di un genere d’identità imperniato non solo sull’appartenenza a una determinata comunità nazionale, ma anche su un insieme di tradizioni etnico-religiose e di consuetudini autoctone, riportate quindi in auge e opportunamente reinterpretate. E ciò al fine di farne delle risorse fondamentali di cui assumere la tutela nei riguardi di minacce sociali e culturali esterne, date per certe e assodate.
Di qui la propagazione di un duplice assunto come l’ostracismo in blocco contro l’immigrazione e la restrizione dei diritti delle minoranze, quale antitesi a un’Europa aperta, liberale e pluralista.
Come Vissol rileva giustamente, è perciò cruciale la posta in gioco per le istituzioni comunitarie, in quanto devono essere oggi capaci di costruire un modello d’identità, a presidio della causa europeista, che abbia per asse portante un nuovo robusto assetto istituzionale e un nuovo sistema di congegni sia di solidarietà sociale sia di sviluppo competitivo a livello globale. Altrimenti l’Unione europea, qualora rimanga bloccata allo stadio di una compagine retta dal metodo intergovernativo, rischia di disintegrarsi. Perché resterebbe esposta sia a tendenze nazionalistiche autarchiche che a eterogenee suggestioni populiste, tali da costituire pesanti ipoteche a validi processi decisionali multilaterali di ordine strutturale, e destinata pertanto, prima o poi, a cedere terreno di fronte alla forza d’urto di colossi come Usa, Cina e India, ma pure di una risorgente Federazione russa. Di qui il paradosso e la contraddizione dei sovranisti, in quanto la “nuova Europa” che essi vagheggiano risulta in sostanza quella attuale, rappresentata dal Consiglio dei capi di Stato e di governo, dotati di un potere di veto che ognuno di loro detiene in misura paritaria.””