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11lug/19Off

Tremila persone come Vincent Lambert in Italia

Intervista a Marialaura Cattinari di Jacopo Storni (Corriere 8.7.19) “Nel nostro Paese tanti sono i ricoverati in stato vegetativo. L’appello delle associazioni: «Andate all’anagrafe per dichiarare le vostre disposizioni anticipate di trattamento»

“”Tremila persone in stato vegetativo. Sono i pazienti che, in Italia, si trovano ad affrontare la stessa situazione di Vincent Lambert, l’uomo tetraplegico in stato vegetativo da oltre dieci anni diventato simbolo del dibattito sul fine vita in Francia. In Italia sono tantissime le persone in queste condizioni, spesso da anni. Vivono (o sopravvivono) negli ospedali, nelle Rsa, talvolta nelle loro case, assistiti dai familiari che soffrono questa condizione di incoscienza e inconsapevolezza dei propri cari (ma che sperano che un giorno possano risvegliarsi). La condizione è un’incoscienza dovuta a una grave menomazione degli emisferi celebrali. Il paziente può avere riflessi come movimenti degli occhi, ma senza alcuna consapevolezza di ciò che sta attorno a lui. «In Italia – ha spiegato Marialaura Cattinari, presidente dell’associazione Libera Uscita, associazione che ha come scopo la promozione del diritto al fine vita – sono così tanti i casi di pazienti in stato vegetativo perché la nostra medicina e i nostri medici finora non hanno mai preso in considerazione di procedere al distacco delle cure».
In altre parole, prendono raramente in considerazione l’idea di staccare la spina dei pazienti. A questo contribuiscono naturalmente anche i familiari, che spesso si affidano a qualsiasi speranza pur di non interrompere la vita del proprio caro. Tanti i casi diventati famosi, tra cui quello di Eluana Englaro, che a seguito di un incidente stradale ha vissuto in stato vegetativo per 17 anni, fino alla morte per cause naturali. Tra gli altri casi storici, anche Nelson Mandela, entrato in stato vegetativo permanente il 4 luglio 2013 e morto il 5 dicembre dello stesso anno. «Sono pochissimi, praticamente nessuno, i pazienti che si risvegliano dallo stato vegetativo», spiega Cattinari.
Sul caso del signor Lambert, Cattinari commenta: «In Italia avremo presto più casi come quello francese, questo perché c’è un incredibile ritardo nell’attuazione delle “Dat”, le disposizioni anticipate di trattamento nelle quali i cittadini dichiarano a quali cure vogliono (o non vogliono) essere sottoposti in caso di futura incapacità di decidere. Sono pochissime le persone che hanno depositato le proprie Dat, questo perché il nostro Paese ha un ritardo innanzitutto politico, dove sia a livello locale che a livello nazionale le nostre istituzioni non mettono in campo una sufficiente volontà e una sufficiente campagna informativa per far capire ai cittadini i loro diritti». Tutto questo, secondo Cattinari, nasce anche da «un forte ritardo culturale in un Paese dove la morte è ancora un argomento tabù, dove le persone non riescono a confrontarsi con il proprio ineluttabile destino di morte, esiste proprio un problema di rimozione».
Ecco perché, fa un appello Cattinari, «è importante esortare tutte le persone, giovani e meno giovani, a recarsi negli uffici anagrafe del proprio territorio per depositare le proprie disposizioni anticipate di trattamento». Parole simili dalla Fondazione File di Firenze, che lancia un appello al ministro della Salute e al Garante della Privacy: «È passato oltre un anno dall’entrata in vigore della legge sul biotestamento, ma ancora manca un registro nazionale delle Dat. È necessario e urgente rendere disponibile in tutte le regioni il fascicolo sanitario elettronico (Fse), lo strumento con il quale il cittadino può tracciare la propria vita sanitaria, condividendola con i medici».
8 luglio 2019 (modifica il 8 luglio 2019 | 15:14)

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