Quanto ci fa male leggere troppo poco
Rubrica di Corrado Augias (Repubblica 13.9.19)
“”Caro Augias, «un Paese non può essere ricco e ignorante per più di una generazione», ha detto Ricky Levi, presidente degli editori italiani, nel corso dell’evento per i 150 della loro Associazione. La frase mi ha colpito, spiega meglio di mille analisi il declino che sta vivendo l’Italia — oltre il 40% della classe dirigente ha confessato di non aver letto neanche un libro in un anno. E che solo una persona su quattro riesce a capire un testo di media complessità. Questa povertà culturale diffusa è un problema anche politico.
Parafrasando, potremmo dire che un Paese non può essere democratico e privo di istruzione a lungo. È la cultura che fa capire la complessità sociale per poi condividere scelte che richiedono tempo per gestirla.
Nell’ignoranza si sviluppa il conformismo, il pregiudizio, il desiderio di adulare chi promette protezione dal nuovo. Capire è un atto di liberazione. I libri sono le mele dell’albero della conoscenza, che ogni potere ha proibito. Massimo Marnetto
Rispone Augias “Bene ha fatto il presidente Mattarella, partecipando alla festa per i 150 anni dell’Associazione editori, a dire: «L’Italia ha bisogno di voi». C’è poco da fare gli spiritosi, un Paese dove quasi la metà di imprenditori e dirigenti di azienda ha dichiarato di non aver letto nemmeno un libro in un anno, dove meno di un quarto dei cittadini riesce a capire un testo di media difficoltà, dove molti maturandi balbettano in un incerto italiano, è un Paese che corre seri rischi — non solo culturali, politici. Sere fa ho sentito Achille Occhetto dire in televisione parole inusuali: il popolo va educato, ha detto, sfiorando la scorrettezza politica per andare alla vera radice dell’argomento del resto già affrontata da Antonio Gramsci. Nella lettera del signor Marnetto c’è una frase che richiama un saggio di recente pubblicato dalla Luiss: "La conoscenza e i suoi nemici", sottotitolo "L’era dell’incompetenza e i rischi per la democrazia". L’autore, Tom Nichols, cattedratico americano, coglie già nelle prime pagine uno dei punti dolenti: «Il problema più grande — scrive — è che siamo diventati orgogliosi di non sapere le cose».
Nessuno si vergogna più della sua ignoranza.
Non c’è argomento che non sia diventato conoscibile cliccando su un motore di ricerca. Per cui: «Ogni opinione su un qualsiasi argomento vale quanto quella di chiunque altro». Non la politica ma la competenza è il terreno dove domina l’equivoco slogan "uno vale uno". Se le cose stanno così perché mi devo affaticare a leggere un libro quando posso guardarmi una partita o un bel film? Perché mi devo scervellare su un progetto di legge quando c’è chi decide per me? Nel marzo scorso, parlando a una scolaresca, il presidente Mattarella aveva detto: «Le scelte politiche sono impegnative, complesse non possono essere adottate in maniera approssimativa senza approfondita preparazione e studio, per sentito dire». L’aspetto peggiore del populismo è questo: far sembrare semplici scelte in realtà difficili, indurre a pensare che poche migliaia di clic siano la democrazia. In un quadro del genere è chiaro che i libri non servono e che di quei rompiscatole dei "competenti" si può fare a meno.””