Il metodo di Francesco
Articolo di Adriano Prosperi (Repubblica 15.9.13)
“”C’è una strategia che si dispiega sotto i nostri occhi negli atti e nelle parole di papa Francesco: fermarsi alla superficie, allo sconvolgimento delle forme rituali dei contatti e degli approcci, ci farebbe perdere di vista la sostanza. Un giornale gli pone alcune domande: e lui risponde con disponibilità larghissima di parole e spontanea e dimessa gentilezza di forme. Siamo lontani dall’epoca delle lettere encicliche. Lo dice un semplice confronto con l’ultima, appena uscita a due nomi, quello del papa dimissionario e quello di quest’uomo che non definiremo “pontefice regnante” ma piuttosto un uomo che tasta cautamente il terreno del governo della Chiesa ma che, intanto, guarda fuori dalle mura vaticane, saggia uomini e coglie occasioni.
La verita’, vi prego, sui confini dell’amore
Articolo di Eugenio Scalfari (Repubblica 15.9.13)
“”Tra i tanti articoli che sono stati scritti sulla lettera a me diretta da papa Francesco ce n’è uno di Vito Mancuso pubblicato venerdì scorso sul nostro giornale (“Il Papa, i non credenti e la risposta di Agostino”). Lo cito perché pone un problema che merita d’esser approfondito: chi sono i non credenti, quelli che nel linguaggio corrente sono definiti atei?
Mancuso non è un ateo, anzi è un fine teologo credente, ma la sua è una fede molto particolare e la descrive così: «Credo alla luce che è in me laddove splende nella mia anima ciò che non è costretto dallo spazio e risuona ciò che non è incalzato dal tempo. Quella luce ci permette di superare noi stessi e liberarci dall’oscurità dell’ego, da quella bestia che certamente fa parte della condizione umana ma non è né l’origine da cui veniamo né il fine verso cui andremo. La fede in Dio lega l’origine dell’uomo alla luce del Bene orientando l’uomo verso la solidarietà e la giustizia». Insomma Mancuso crede nel Pensiero che porta verso il Bene. Quel Pensiero è Dio e ci ispira solidarietà e giustizia.
Trovo suggestivo questo suo modo di pensare e di sentire. La fede infatti è un sentimento che proviene dall’interno dell’uomo, dal suo “sé” ed erompe verso la mente dove hanno sede il pensiero e la ragione. Sono molte le persone che, rifiutando le Sacre Scritture, la dottrina della Chiesa e la sua liturgia, credono “in qualche cosa” che in parte sta dentro di noi e in parte ne sta fuori. Per metà sono credenti, per un’altra metà non lo sono.
Perche’ gli ideali non sono assoluti ma figli di un’epoca
Gustavo Zagrebelsky commenta il nuovo saggio di Roberta De Monticelli dedicato all’impegno civile: “La questione civile” RaffaelloCortina Editore, pagg. 156, euro 13,50.
“” Si può dissentire radicalmente sulle premesse e consentire pienamente sulle conclusioni? È la domanda che ci si pone al termine della lettura dell´ultimo, profondo, appassionato, angosciato ma non rassegnato libro di Roberta De Monticelli, La questione civile – Sul buon uso dell´indignazione (Raffaello Cortina Editore).
… è più probabile che la condizione esistenziale degli esseri umani non sia quella assunta da De Monticelli. Per lei, il valore delle cose, positivo o negativo, si manifesta nella loro esistenza. Dunque la precede. Per chi non pensa metafisicamente, invece, è l´esistenza che precede i valori. Il che è come dire ch´essi non sono dati ma sono i viventi a doverli dare; vengono dalla nostra libertà e responsabilità e non li troveremo fuori, ma in noi.
Sappiamo che entrambe le posizioni, monismo e dualismo, sono aperte a grandi rischi. Non sono quindi i rischi, gli argomenti per propendere per l´uno o per l´altro. La metafisica dei valori espone al dogmatismo, quando la loro gestione finisca, come è possibile, nelle mani di autorità etiche: stato, partito-chiesa, chiesa. L´anti-metafisica espone all´indifferenza o al soggettivismo estremo e distruttivo, quando prevale l´idea che le questioni di valore non abbiano senso o siano affari da gestire ciascuno per sé. Piuttosto, riprendendo l´interrogativo iniziale, che è quello davvero importante per il vivere comune, possiamo dire che, quali che siano le opinioni circa il fondamento, sui contenuti si può perfettamente convenire. Gli uni riterranno di andar scoprendo valori; gli altri, di andar creandoli. Da punti di partenza diversi si può giungere alla medesima meta e, cosa consolante, si può, anzi si deve, operare insieme. A condizione di isolare le ali estreme: i dogmatici e i nichilisti. Per riprendere il titolo del libro di De Monticelli: a queste condizioni, far buon uso della comune indignazione è possibile.”"
Leggi la recensione:
la-borsa-valori-perche-gli-ideali-non-sono-assoluti-ma-figli-di-unepoca
E’ venuta meno l’idea di una legge assoluta
Intervfista di Franco Marcoaldi al sociologo Alain Touraine:
“” … ‘… parlare di scomparsa dell’autorità, sic et simpliciter, è molto vago e confuso. E’ invece molto più chiaro e preciso dire che è scomparsa quell’autorità, esercitata nelle scuole o nei tribunali, nelle imprese o nella vita politica, sulla base di una legge assoluta. Di natura religiosa. Quella legge, che si conforma alla parola di Dio o alla legge naturale intesa come prolungamento della religione, non funziona più. Dunque sono le basi trascendenti dell’autorità a non fare più presa. E questo per la semplicissima ragione che viviamo in un mondo che non è più governato da principi assoluti, ma mobili, in trasformazione: come avviene nella scienza, nella tecnologia, nella comunicazione’ … “”
Leggi l’intervista:
Infallibilita’. Umberto Eco “Ratzinger non e’ un grande teologo”
“” … Le sue polemiche, la sua lotta contro il relativismo sono, a mio avviso, semplicemente molto grossolane. Nemmeno uno studente della scuola dell’obbligo le formulerebbe come lui. La sua formazione filosofica è estremamente debole … “”. Così Umberto Eco in una intervista rilasciata al quotidiano tedesco ‘Berliner Zeitung’.
Flores d’Arcais presenta le ‘Giornate della laicita”
PRESENTAZIONE
di Paolo Flores d’Arcais
Le “Giornate della laicità” rappresentano la prima iniziativa dedicata interamente ad un tema che forse in una paese effettivamente democratico (e quindi a fortiori laico) dovrebbe risultare talmente scontato da non costituire oggetto di nessun dibattito. In Italia, invece, troppo spesso è addirittura un tabù, al punto che è entrata nel linguaggio comune la distinzione tra “laico” e “laicista”, quest’ultimo in accezione negativa, per cui il laicista sarebbe portatore di una laicità esasperata, estremistica, intollerante rispetto alle visioni del mondo, mentre si tratta solo di una laicità coerente, che prende sul serio il dovere per ogni democrazia di “innalzare un muro di separazione” tra fede e politica, tra religione e Stato, come chiedeva uno dei padri della rivoluzione americana, Thomas Jefferson.
Il filo conduttore di questa prima esperienza sarà il tema del “relativismo”, perché nella crociata contro il relativismo, di cui si è fatto banditore il regnante Pontefice, si condensano tutti gli equivoci della cosiddetta “laicità positiva”, di stampo clericale, alle cui sirene fin troppi laici sembrano porgere orecchio. Il “relativismo” contro cui si scaglia l’anatema altro non è, infatti, che il principio da cui prende origine la modernità: in campo politico agire “etsi Deus non daretur”, poiché se non si esilia Dio dalla sfera pubblica ogni conflitto e contrasto potrà essere condotto in Suo nome e trasformare ogni controversia in potenziale ordalia, fino alla guerra di religione. In campo etico riconoscere il pluralismo delle morali, e dunque una sola morale minima vincolante per la civile convivenza: quella dei principi costituzionali che garantiscono i diritti inalienabili di ciascuno sulla propria vita e la propria libertà.
Relativismo etico
Da L’AMACA di Michele Serra del 6.1.2011:
“”Pochi episodi sono paradigmatici della nostra epoca (e, temo, degli anni a venire) come l’assassinio del governatore del Punjab, Salman Taseer, da parte di una sua guardia del corpo, integralista islamico. Il governatore aveva difeso una donna cristiana dall’accusa di ‘blasfemia’ e dalla conseguente condanna a morte. Per questo è stato ucciso.
Taseer era borghese, laico, colto, ricco (chissà come si dice, in pakistano, ‘radical chic’ …). Il suo assassino era un uomo del popolo, molto più basso nella scala sociale. Possiamo dire che il primo sia stato la vittima della propria cultura, il secondo della propria ignoranza (il fanatismo è, dell’ignoranza, figlio prediletto). In molte lande del pianeta la tollaranza alberga, quasi sotto assedio, soprattutto tra i ceti urbani, e la liberalità pare diventata un lusso per i colti e per gli abbienti. Agli occhi degli integraliosti (che qui da noi la chiamano ‘relativismo etico’) la tolleranza è un vizio, una perdita di vigore morale, una resa da smidollati. Additano allo spregio popolare il ‘tradimento dei valori della tradizione’ da parte delle borghesien locali, cosmopolite e laiche. Riescono a sommare, all’odio religioso, l’odio di classe. Ma ‘il relativista etico’ Taseer è morto da eroe della libertà. Il suo carnefice è appena l’oscuro figurante di una massa anonima, condannata a restarlo.”"
Relativismo vs assolutismo: esercizi spirituali
Da “Dizionario delle idee non comuni” di Armando Massarenti (Guanda).
“”Nel 1969 veniva scattata la prima foto della Terra vista dalla Luna. E’ un’immagine che ancora ci emoziona. Ma forse oggi il nostro pianeta, visto da lontano, e confrontato con l’immensità di un universo che ci è sempre più visibile, ci appare ancor più fragile e minuto di allora. Ed è un bell’esercizio vederlo così. Serve a ridimensionare un po’ le nostre borie quotidiane, e a vedere noi e il mondo con un po’ più di umiltà. Come ci hanno invitato a fare tre grandi pensatori della modernità, Galileo, Darwin e Freud, facendoci perdere rispettivamente il senso della centralità della Terra nell’universo, della specie umana rispetto al vivente e della coscienza nella nostra mente.